Roberta Calandra ci racconta del suo “L’imperatrice” in scena a Capalbio

Niki De Saint Phalle donna coraggiosa, impegnata e libera, raccontata nel testo di Roberta Calandra in scena a Capalbio

Il 15 e 16 agosto sarà in scena “L’imperatrice” all’interno dell’anfiteatro del Leccio di Capalbio. L’imperatrice è l’artista Niki De Saint Phalle, creatrice del giardino dei Tarocchi a Capalbio. Ad interpretate l’artista che ha vissuto a Capalbio per molto tempo, l’attrice Caterina Gramaglia, per la regia di Mariano Lamberti, da un testo di Roberta Calandra, già ospite delle nostre pagine, a cui rivolgo alcune domande.

Benvenuta! La mia prima domanda è diretta: chi era Niki De Saint Phalle?

Una grande artista, una donna che ha dedicato tutta la sua vita all’arte, cercando di materializzare concretamente il potere femminile in sculture monumentali, fantasiose, colorate, grottesche, poetiche, intrise della sacralità della Grande Madre stessa.

L’artista ha avuto una vita travagliata, difficile, come hai costruito il personaggio?

Provenendo personalmente da una famiglia squassata da tragedie psichiatriche per me narrare la trasformazione di quella che viene definita “follia” dal mondo in Arte, genio, condivisione, è stata, più che una sfida, una chiamata. È ovvio che in un momento storico del genere l’artista che “non sente voci” si stanca prima degli altri, io che le aspetto sempre mi diverto a giocare sul filo sottile del confine tra creazione e visionarietà; lo devo alla mia storia, scelgo accanto a me persone che capiscono che realizzare un romanzo, uno spettacolo, un film, sono frutto di qualcosa che va ben oltre il lavoro, anche se come tali andrebbero trattati nella concretezza. In tal senso voglio ringraziare sentitamente la Fondazione Capalbio in Maria Concetta Monaci che ha reso possibile questo spettacolo durante la mostra dedicata a Niki e Andree Ruth Shammah che ha creduto nel progetto. Ci hanno affiancato angeli custodi come la mia ufficio stampa Elisa Fantinel, Andrea Germo Leo, altro maghetto autore della locandina… tutto questo conta infinitamente, senza il più geniale dei testi non esiste, non ha vita.

Quali sono gli aspetti di Niki artista e donna che avete voluto evidenziare?

Personalmente mi sono limitata a riscostruire la sua biografia, ma narrandola attraverso la voce dei tarocchi, a blocchi tematici evocati dagli arcani maggiori stessi, che verranno letti fuori campo dalla straordinaria voce del regista Juan Diego Puerta Lopez, su ispirazione della definizione data da Alejandro Jodorowsky. Mariano Lamberti, instancabile Mago, si sta calando con entusiasmo nei meandri, a volte bui e tortuosi del potere femminile e dei suoi echi nell’inconscio. Caterina Kokoro Gramaglia, la protagonista, sta creando una Niki luminosa e crepuscolare, penombre e abbagli, vita e morte, serpenti e cordoni ombelicali: saprà incantarci e stupirci, come sempre.

Niki De Saint Phalle ha sempre ricercato durante la sua vita, la libertà. Come avete lavorato su questo ideale così ampio, difficile, ma fondamentale?

Innanzitutto questa domanda mi dà la possibilità di salutare con rammarico Valentina Cidda Maldesi, che avrebbe dovuto interpretarla, ma che ha scelto di non esibirsi dove viene richiesto un Green Pass, che ritiene una grave forma di discriminazione (e la capisco). Un tema difficilissimo che al momento vede mille sfumature, ma che ha lasciato in piedi un gruppo di lavoro che ha scelto di rispettare primariamente un impegno preso, il luogo che lo ospita e le sue garanzie. E Caterina renderà una Niki straordinaria, così come è anche la sua arte, mai deludente nei tanti anni che la conosco. Per me, come per Niki, libertà è ad oggi essere se stessi è poter creare continuamente, esprimere liberamente il proprio pensiero, ma mi accorgo che in questo momento storico come forse mai prima queste definizioni attraversano declinazioni soggettive, radicate in contesti e linguaggi spesso asimmetrici, che ci richiedono una continua riflessione e scelte complesse, una palestra forse mai provata. Niki ha dichiarato spesso di aver pagato un prezzo durissimo: l’abbandono dei suoi bambini per dedicare la vita all’Arte, solo per citarne uno. Solo su questo tema potremmo fare uno spettacolo. Diciamo anche che lei ha avuto la capacità incredibile di inventare un profumo per ricavare i miliardi necessari al parco, una visione imprenditoriale che invidio profondamente perché, anche se non credo a chi non crea dandosi limitazioni pratiche, è altrettanto vero che avere mezzi aiuta, banale ma inconfutabile.

L’artista si è dedicata all’arte dei tarocchi, diventando anche sciamana. Come ti sei posta nei confronti di queste sue passioni?

Il giardino penso possa essere letto su più livelli: dal parco giochi a un monumento al potere femminile dalle valenze esoteriche sconfinate. Mi sono posta con umiltà e fascinazione, studiando molto, come sempre faccio e cercando di restituire alla creazione artistica la sua valenza sacra. Mi auguro che dopo questo momento terribile per il pianeta stesso ci saranno sempre più artisti connessi a un’idea sacrale della creatività, nutriti di senso di responsabilità verso il proprio pubblico e i propri collaboratori.

Nello spettacolo non si segue una linea temporale, perché questa scelta e come avete gestito questi sbalzi del tempo?

Perché ho scelto la narrazione analogica che forniscono gli arcani maggiori stessi, la morte spezza a metà la vita ma la fa anche risorgere trasformata… A livello di drammaturgia non è stato difficile, ora sono curiosa della patata bollente che ho lanciato ai miei straordinari collaboratori: Mariano e Caterina.

Cosa ti ha colpito maggiormente di Niki De Saint Phalle?

Ti sembrerà strano, ma, al di là del suo dolore, della sua grandezza, delle sue contraddizioni, chi l’ha conosciuta narra di una donna diretta, semplice, spiritosa, piena di spontaneità. Queste caratteristiche sono per me ispirazione e nutrimento.

Cosa hai dato tu a Niki e cosa ti ha lasciato lei?

Io le ho fatto da canale, è sempre molto delicato parlare di qualcuno già esistito, un onore e una responsabilità che cerca di spazzare via ogni confine egotico, ma dai doni e delle ossessioni dell’ego rischia di sembrare motivata. Se sono riuscita a renderle ragione, anche in minima parte, mi ha dato molto anche lei. Poi, se mi permetti di chiudere con una ulteriore banalità necessaria: la forza di sognare per anni un progetto cercando di trasformare ogni ostacolo per realizzarlo. Spero che la rappresentazione di Capalbio sia solo l’inizio di un nuovo grande sogno.

In bocca al lupo per lo spettacolo e a presto!

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Sissi Corrado

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