Spaghetti, simbolo di un’Italia migrante
In scena al Teatro Vascello lo spettacolo di Roberta Castelluzzo, Spaghetti
Spaghetti è lo spettacolo di circo contemporaneo organizzato dall’Accademia Materiaviva sulle migrazioni italiane andato in scena al Teatro Vascello il 29 e 30 ottobre. La regia è di Roberta Castelluzzo, aiuto regia Linda Di Pietro, fonica e luci Giovanni Modonesi, costumi Nide Russo, scenografia Lisa Di Cerruti.
Lo spettacolo prende in visione la grande migrazione che coinvolse ai primi del Novecento l’Italia, da cui partirono migliaia di migranti per giungere sulle coste degli Stati Uniti d’America, attraverso l’oceano. Un viaggio che i migranti facevano stipati nelle stive, tutti insieme, in precarie condizioni di vita, tanto che erano in molti a perdere la vita durante il viaggio. Il periodo storico è quello intorno al 1920, e narra ciò che accadeva sulle navi, fino all’arrivo a New York, luogo in cui i passeggeri italiani, chiamati “mangia spaghetti”, tra i tanti nomignoli che volevano essere dispregiativi, sbarcavano in quella che doveva essere la “terra promessa”.
La storia si ripete e in questo periodo in cui il Mediterraneo è la rotta per i migranti provenienti dall’Africa e dalle tante zone colpite dalla guerra, dalla carestia, dalla fame, dalla distruzione e non ricostruzione, il tema si ripresenta con maggiore forza. Il passato si rispecchia nei volti, nelle speranze degli uomini e delle donne di oggi, come diversa è l’accoglienza che essi ottengono una volta giunti sulle coste europee.
Spaghetti è uno spettacolo che racchiude alcune parti recitate, dove si conoscono diversi dialetti, uomini e donne, per lo più ragazze e ragazzi, che seguono la famiglia nel lungo viaggio verso l’America e che lasciano la propria terra. Dolore e speranza si mescola alla poderosa ricerca di una vita migliore, alla ricerca di lavoro, che in quegli anni era così scarso in Europa, in particolare in Italia, e che vedeva la luce brillare verso un paese che, date le dimensioni e i racconti, sembrava il luogo ideale dove poter ricostruire la propria vita. Partire era come vincere alla lotteria, era poter offrire alla propria famiglia, anche a quella che restava in Italia, un futuro migliore.
Ci sarebbe tantissimo da raccontare sul tema migrazione, ma questo spettacolo, per fortuna, offre una lettura decisa e piena di simboli e storie, dove a parlare non sono solo le parole, ma i movimenti e gli attrezzi circensi, uniti agli oggetti scenici presenti sul palco. Ogni quadro che viene presentato in scena, appare in penombra. Le luci sono parte della narrazione, che trasforma la scenografia in stile caravaggesco, restituendo per ogni quadro scenico, un quadro pittorico. Sullo sfondo corde, tante, appese che sono spaghetti appesi ad asciugare. Valigie, tante, come quelle dei migranti, piene di ricordi e che conservano sul fondo, la pasta, uno degli alimenti più diffusi in Italia e che ha sfamato i nostri antenati in ogni dove. E le valigie, elemento indiscusso della scena, diventano strumenti e oggetti da utilizzare. Particolare attenzione è stata data anche ai costumi indossati dagli artisti, gestiti nel migliore dei modi anche mentre si esibivano con gli attrezzi.
Palo, fune, trapezio, cerchio, ecc., prendono vita attraverso il lavoro degli artisti che raccontano, accompagnati dalle musiche di quel periodo. Il violino, le canzoni del tempo, la chitarra, le mani e i piedi, accompagnano la scena, coinvolgono il pubblico, tra racconti che fanno riflettere o ridere. Piccoli episodi che ci riportano ad una vita, quella in viaggio, in cui si cercava di far passare il tempo, si esprimevano speranze e si allacciavano rapporti, anche se poi, una volta giunti a destinazione, questi, per la maggior parte si perdevano. Tante speranze poi deluse all’arrivo, in particolare per lavori che non erano esattamente come si era immaginato, ma con la consapevolezza che oramai, giunti in America, si poteva cercare e chissà, trovare un compromesso.
Il lavoro fatto con il cerchio, rappresenta un momento di gioia, dopo attimi di malinconia. E la musica che ridiventa protagonista per dare animo all’esercizio, come in ogni quadro. Oltre al bravo interprete del cerchio, va anche fatto un plauso al giocoliere con le palline, a chi si è esibito con il palo, alle ragazze con le corde. Si respira l’aria del viaggio, il sudore delle persone, le loro sensazioni e quando appaiono sulla scena gli spaghetti, così tanto agognati dai migranti, se ne condivide la felicità, perché la tavola, il pasto, è un momento conviviale molto importante per la tradizione italiana. Si immagini quando questi compaiono cotti sulla scena: se ne sente il profumo e la mente ritorna consapevolmente, alle domeniche in famiglia, ai pranzi in compagnia, mentre accresce la necessità quasi primordiale, di mangiare un piatto di spaghetti.
Ecco, se alla fine dello spettacolo si ha questa sensazione, vuol dire che qualcosa è arrivato, che il palco ha restituito un racconto in cui i protagonisti sono stati tutti i sensi, anche per chi, per esempio, ha sempre preferito la pizza agli spaghetti. Spaghetti è un viaggio intenso, accolto con interesse e ben costruito anche nei cambi scena, con dei quadri ricchi di particolari, come lo sono i letti sulla scena che dopo aver fatto da oggetto di scena, diventano oggetto di interazione e giocoleria. Un plauso alla regia che ha saputo coordinare il tutto arricchendo lo spettacolo in ogni sua parte.
Uno spettacolo consigliato per tutti, anche per i più piccoli che, presenti in platea, si sono divertiti e hanno assistito con attenzione a ciò che veniva rappresentato. Ma Spaghetti vuol essere anche una rappresentazione attenta del passato che ritorna, dell’immedesimarsi in quello che accade oggi. Ieri eravamo noi a lasciare le nostre terre alla ricerca di una vita migliore, oggi sono i migranti che sbarcano in Italia ad avere stesse speranze e desideri, in un passaggio di sentimenti che avviene tra esseri umani.
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