Torna in scena Così per caso a Roma
omaggio è doveroso alla scrittrice Marta Ascoli
Marta Ascoli si racconta sulla scena e nelle tante voci di attori e ascoltatori, la sua memoria, come il dolore, si moltiplica… e l’eco non vuole più confini.
Ieri sera a Roma c’è stato un temporale devastante. Diverse piazze, compresa quella che dovevamo attraversare, erano allagate. Sui marciapiedi arrivavano onde e i pedoni restavano fermi prima del ciglio della strada, senza sapere cosa, ne tanto meno come attraversare.
Per un po’, compresa chi scrive.
Siamo rimasti imbambolati mentre macchine, autobus, motorini e perfino biciclette, ci schizzavano addosso per fortuna acqua piovana che sembrava pulita. Poi qualcuno ha detto ‘io devo tornare a casa’ e ci siamo tutti sciolti da quel torpore e sempre chi scrive ha pensato ‘ma io devo andare a Teatro!’ E questo imperativo ha messo in moto cervello e gambe, ci abbiamo impiegato quasi un’ora e un quarto a compiere un percorso che normalmente si fa in un quarto d’ora ma alla fine eravamo lì, sulla nostra poltrona ad ascoltare dapprima la musica e poi la voce, per la verità molto piacevole, dolce, cullante della protagonista Valeria Mafera, che partiva come noi, semplicemente, dal quotidiano. Frette e ordinarie azioni che anche noi avremmo potuto raccontare e che sembravano rassicurarci perché tutti sapevamo di non essere venuti a vedere qualcosa ‘Così per caso’, eravamo lì per ascoltare la voce di Marta Ascoli, scrittrice italiana di padre ebreo, superstite dell’Olocausto e della sua storia, attraverso le memorie depositate nel suo libro ‘Auschwitz è di tutti’ e riadattato per la versione teatrale.
E quanto ci ha fatto male passare dalle parole di una madre allegra, che parla di suo figlio con orgoglio e simpatia, fingendo il rimprovero bonario, a un’adolescente distratta e allegra Marta giovane, magnificamente interpretata dall’attrice Gloria Luce Chinellato, che parla delle esperienze del passato, che cerca di colmare le lacune che ciascuno di noi ha sull’amore, finché non si fa esperienza…
E un’altra mamma, paziente e severa, tanto spaventata da negare l’evidenza, – ma quanti lo hanno fatto e purtroppo, lo fanno ancora? – che racconta con serenità e distacco, come se nulla della tragedia che sta accadendo intorno la riguardasse. Eppure, quanta ansia, quanto timore ci arriva più che dalla voce, dai gesti di Ida (Alessandra Vagnoli), come del resto, dopo, sarà vivificata dal tormento di un pezzetto di carta letto, riletto, e poi gettato via.
Sono i gesti che alimentano in scena la disperazione di chi da quel disastro si è salvato, ma continuamente sente il dolore dell’essere viva al di sopra della sopportazione, di essere viva e portare in sé le stesse colpe di chi ha consumato e ucciso i propri cari.
Il teatro è impressionante e imprevedibile, riesce a farci avvicinare ed empatizzare anche con la disperazione dei carnefici attraverso la schizofrenia di un ufficiale delle SS, un sadico disperato che chiede aiuto, perché è innegabile che il male quando supera il confine ci annienta. Molto credibile Cristiano D’Alterio in questo ruolo veramente complicato.
C’è un’ultima figura nella memoria di Marta, una figura importante, per la quale in qualche modo ha dovuto sopportare la prigionia, la fame, la resa, e il ricordo – ancor più doloroso del vissuto – un bravissimo, anche lui, Manfredi Gelmetti – suo padre, di origini ebraiche, di nobili sentimenti, il suo animo angosciato per la pena nei confronti degli altri, ignaro, forse per distrazione, della sua cattiva sorte. Un padre dolce, comprensivo, sensibile, che sprona a vivere proprio quando intorno rimane solo cenere di morte.
Chissà , forse Marta lo ha idealizzato, forse era davvero così e se ci sono stati tanti che hanno voltato la faccia, ci sarà pur stato qualcuno, che in quell’inferno, pensava e scriveva ricordando la gioia della libertà, la semplicità della vita di ogni giorno, l’amore nato tra i banchi di scuola ed è questo che non dovremmo mai dimenticare, e dalla scena è questo il messaggio che arriva, tutto quello che abbiamo, o che pensiamo di avere, la vita stessa, può esserci violata, strappata, distrutta per la follia di pochi che è molto più pericolosa e trascinante del fiume in piena che è l’amore. Non diamo mai niente e nessuno per scontati, ogni giorno, si conquista la libertà.
Non possiamo che sperare che ‘Così per caso’ torni presto in scena, magari su un palco ancora più grande, dove l’immobilità degli attori risulti ancora più drammatica, dove la corsa della piccola Marta ci dia ancora più la tenacia della lotta tra aguzzino e vittima, e ringraziamo la regista Angelita Puliafito per al meno tre cose: la scelta del testo, la scelta degli attori e la capacità di aver dato a ciascuno di loro il modo di esprimersi al meglio, sono tutti bravissimi, e questo, dipende non solo da loro, ma soprattutto da lei.
Belle le luci, le musiche, i costumi e le scene.
Un omaggio è doveroso alla scrittrice Marta Ascoli, che alla fine ci ricorda di essere stata un numero, ma non come a volte ci sentiamo quando qualcuno non rispetta i nostri ruoli, no, loro, sono stati numeri e molti ne hanno calpestato l’essenza, la morte, ricordiamolo, in quella situazione, diventa una liberazione.
E bello anche per questo l’afflato che c’era ieri sera al teatro Porta Portese, mentre fuori la pioggia scrosciava, all’interno la commozione aleggiava silenziosa.
“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.’
Da un sermone di Martin Niemöller.