Aleksandros Memetaj in Albania casa mia
Un monologo ricco di emozioni e di spunti
Al Teatro di Villa Lazzaroni di Roma, Albania casa mia, il monologo che ripercorre gli anni del collasso del regime comunista nei paesi dell’est, tra cui l’Albania, dalla quale partirono per l’Italia molti profughi. Emblematico fu l’arrivo della nave Vlora stracolma di persone partite alla ricerca di speranza, le cui immagini fecero il giro del mondo e sono rimaste impresse nella mente di chi le ha viste.
Uno monologo che ripercorre la storia personale di Aleksandros Memetaj autore ed anche interprete di Albania casa mia e diretto da Giampiero Rappa. Un viaggio che ci porta indietro nel tempo ma che è così attuale che ci meravigliamo di come sia possibile ascoltare le stesse situazioni o gli stessi commenti razzisti del passato, che si alternano sul palco, per scoprirli così presenti nella nostra società.
Alekandros comincia il suo monologo interrogando il pubblico, provando a coinvolgerlo attivamente nel suo mondo, nel suo passato. Lo fa con naturalezza, accompagnandolo con mano dolce ma decisa e lo stesso si lascia trasportare quasi inconsapevolmente. Le sue domande dal palco, seduto sulla ribalta, in modo che appaia casuale, sono decise e cominciano come un pre-spettacolo. Ma è solo un modo per dare l’avvio al racconto che parla di identità.
Lo spettacolo di Alekandros Memetaj è un piccolo capolavoro. È entrare nella vita personale di un giovane che, fin da bambino, ha fatto i conti con il suo senso di inadeguatezza, costretto a destreggiarsi tra le sue origini, la sua terra natale e con quella terra che lo ha adottato, l’Italia. O, meglio, quel piccolo paese di settemila anime che è Fiesso D’Artico, tra Padova e Venezia. Un continuo alternarsi tra accoglienza e discriminazione, tra l’essere il giovane che cerca se stesso e quello che tutti vedono o, per esprimersi meglio, che vogliono vedere. È un intreccio di pregiudizi, di luoghi comuni che lo hanno accompagnato fin dal suo arrivo in Italia, legati a quelle concezioni che l’uomo, da qualunque parte viva o cresca, si porta dentro verso chi non conosce.
Memetaj ha la capacità di coinvolgere il pubblico con garbo, instaurando un rapporto di reciproco interesse. Dal palco lui si interessa al pubblico, lo scruta, lo accoglie e lo incita e questo risponde, coinvolgendosi nel racconto. Chiara appare la vita del migrante, cara al popolo italiano, migrante tra i migranti e basta poco per comprenderne i sentimenti: la lontananza dalla propria patria, da una vita che si conosce per qualcosa che è incognito e fa paura. Timore del luogo, di non farcela, di rimanere indietro, solo e senza un conforto. C’è tanto in quella scelta di lasciare tutto per un luogo più sicuro, che dia più possibilità per un futuro per sé e per i propri figli.
Catturata l’attenzione delle persone, parlare e raccontare della voglia di trovare un posto e una propria identità diventa quasi un sentirsi a casa propria, sembra strano, ma è proprio il titolo dello spettacolo che alla fine resta come la sensazione più intensa e che si riporta a casa, l’Albania diventa un po’ cosa nostra, casa di tutti.
Che dire, Alekandros Memetaj con questo spettacolo, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti, dimostra da anni, di avere un forte senso della parola, della scrittura, dell’interpretazione e di avere tanto da esprimere.