Alessandro Casiglia interprete di Fausto
Uno spettacolo vincitore al Fringe Festival 2023 come miglior drammaturgia e miglior attore
Al Teatro Trastevere di Roma va in scena il 16 e 17 gennaio, lo spettacolo Fausto di e con Alessandro Casiglia. Uno spettacolo che si ispira al leggendario Faust, divenendo un monologo che attraverso la crudeltà comica parla del declino dell’Europa e della sua filosofia. Ne ho parlato insieme all’autore e protagonista dello spettacolo, il giovane Alessandro Casiglia.
Salve e benvenuto. Il suo spettacolo Fausto, sarà in scena al Teatro Trastevere. Cosa o chi rappresenta Fausto?
Fausto, povero lui, è la schizofrenia di una civiltà che ha raggiunto i limiti. Il gonfiore che brama uno spillo.
Il personaggio che porta in scena è ispirato a a Faust, cosa li accomuna e cosa li differisce?
Certamente, riscrivo il mito, paradigmatico di un occidente vorace e bulimico, nella triste solitudine di un uomo che ha raggiunto il suo desiderio più grande: non morire. Questo Nosferatu schizo-cabarettista sperimenta allora la sua condanna, la vita eterna. La vita senza la morte è l’inferno.
Nello spettacolo si parla del declino dell’Europa e della sua filosofia, ma quando è iniziato davvero questo declino storico e culturale?
Questo è difficile dirlo. Potremmo individuare tanti piccoli inizi. Già da Socrate. Credo che una grossa forma di apice e cioè di decadenza si ha dal seicento in poi. Nel novecento, dopo le guerre la cultura europea è morta.
Parlando di Europa, non possiamo non constatare che l’Europa siamo noi, uomini e donne che la popolano e vivono attraverso le regole, le norme che approviamo. Non è una beffa per tutti noi?
L’Europa è una beffa. A me non interessa l’Europa, intendo dire non m’interessa l’ideologia del ‘discorso europeo’ la comunità, ecc. pura demagogia e consenso. Poi, probabilmente, da siciliano, ho nel sangue un altrove, una fine dell’Europa, questo mi può interessare.
Il suo è un monologo dai toni satirici, grotteschi, come viene accolto dagli spettatori?
Spero con entusiasmo.
Lo spettacolo ha vinto al Roma Fringe Festival 2023 i premi come Miglior drammaturgia e Miglior attore, ed è stato finalista al concorso di drammaturgia Ponti di Carta, quali sono state le sue emozioni nel ricevere questi riconoscimenti?
L’opera se li merita. Sono contento. Totò metteva i titoli nobiliari in gabinetto. Farò lo stesso.
Per un autore e attore riuscire a suscitare interesse da parte degli addetti ai lavori e del pubblico, cosa comporta a livello emotivo e professionale?
Bisogna sempre chiedersi a chi piaci e perché. Potrebbe risultare persino offensivo piacere a qualcuno in particolare. I consensi unanimi mi spaventano sempre.
Lei come vive il suo rapporto con il teatro? E con la gente di teatro?
Il teatro è difficile, a renderlo impossibile è tutto quanto sta attorno al semplice fatto di farlo, a volte mi chiedo se non sarebbe meglio fare altro. Non amo tanto la gente di teatro. Ce n’è troppa e di bassa qualità.
Cosa manca, secondo lei, alla società per migliorarsi nei propri confronti e in quelli degli altri?
Viviamo in una società che si autorappresenta al cubo. Abbiamo bisogno di un po’ di silenzio.
Cosa augura a se stesso come professionista e come uomo?
Lavorare fedelmente alle mie scelte ed accorciare la distanza fra quello che ho in testa e quello che posso fare.
Grazie per essere stato con noi! In bocca al lupo!
Gli articoli pubblicati sul Blog sono scritti dai Soci dell’Associazione in maniera volontaria e non retribuita. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright CulturSocialArt