Continua Phobos al Teatro dei 25

secondo appuntamento di Phobos

Il 7 febbraio abbiamo assistito al II appuntamento della rassegna Phobos organizzata dal Teatro dei 25 per la cura di Danilo De Summa. Del primo appuntamento abbiamo già dato qui contezza: il bello spettacolo Bianco d’Inchiostro.

Al II appuntamento, invece, gli spettatori – numerosissimi – hanno assistito a ben due spettacoli. Il primo Litost+Otherness vede Marianna Miozzo esibirsi in un testo di Gabriele Della Barba ed ha come idea di fondo la scissione tra parola e corpo nella comunicazione (auspicabile? avveniente come conseguenza dell’eccesso di comunicatività della nostra epoca?).

Al centro della scena una donna in tailleur elegante, ad una scrivania, forse un’addetta stampa di qualche multinazionale, una manager che racconta parla commenta descrive del/il ritrovamento di alcune rovine in una zona della Norvegia, rovine di una civiltà “contemporanea”. Ma non conta il testo o almeno ben presto ci accorgiamo che c’è come differenza-contrasto tra testo e corpo: il personaggio mostra infatti una progressiva ma totale incapacità di controllare il proprio corpo (come se il corpo finalmente si prendesse la sua rivincita sul testo, su quel logocentrismo di cui parla Derrida?). Diciamo che l’idea è buona ma non convince la sua realizzazione. Innanzitutto perché il testo sembra troppo astratto e poi perché questa divisione/contrasto appare troppo, come dire, fine a se stessa. Brava comunque nella esecuzione, precisa, varia, anche divertente.

La seconda performance Falso diario confidenziale di e con Maria Luisa Usai con visual di Gabriel Berretta. Anche in questo caso si può parlare di una bella idea ma dalla esecuzione non proprio felice. In questo caso però possiamo parlare anche di un certo coraggio… in questo caso si tratta infatti della rappresentazione di una ragazza paranoica ipocondriaca o semplicemente sola che come accade di solito si obbliga a raccontarsi (in quest’epoca dai narcisismi ipertrofici)…..

Interessante questa figura di persona apparentemente non molto “alla moda” ma che tutti più o meno conteniamo in noi oggidì e cioè: qualcuna che necessita di raccontarsi e di ri-ascoltarsi: infatti la vediamo mentre fa esercizi e ascolta l’audiodiario delle sue giornate, come una forma di continua autoanalisi ed autovisione, forse con fini terapeutici ma che si mostra alfine come una gabbia (come poi accade nella “realtà” un po’ per tutti noi). Interessante l’utilizzo sbarazzino dell’ennesima forma di autofiction con l’audio della madre dell’attrice (presumiamo) che la chiama per avere notizie di/da lei; l’invito agli spettatori di mandare messaggi audio whatsapp da usare durante lo spettacolo e, last but not least, la manipolazione di immagini da Chi l’ha visto? la nota trasmissione che cerca persone scomparse, con foto e immagini riguardanti proprio lei il personaggio interpretato da… che è… Un po’ come a dire: non siamo altro che l’immaginario, ci formano le trasmissioni non esistiamo più. Però ciò che nuoce il lavoro è una certa lunghezza, un uso eccessivo della tecnologia che spezza fin troppo il flusso (che pure va rotto come insegna la migliore drammaturgia di inizi ‘900, ma anche la rottura deve essere fluida e non perché non si preme un bottone) e forse una serie di azioni che vengono inserite quasi più per riempitivo, come se in quel momento la pur brava attrice non sapesse cosa fare… è un peccato di gioventù… Però le idee ci sono. Anzi forse un po’ troppe, come ad aver voluto metterci dentro tutto (altro veniale errore di gioventù); ad esempio: il coinvolgimento del pubblico non sempre riesce anzi, il pubblico va a teatro a volte proprio per non essere coinvolto.

Però come si dice in Emilia, meglio roba tanta che roba manca. Sicuramente il nocciolo c’è: si va via dallo spettacolo con la strana inquietudine che quella bellissima esperienza di registrare le proprie esternazioni mentre si è in auto o a casa sia una cosa un po’ oscena… forse “malata”…

Al di là del valore delle singole opere comunque interessanti, rimane la importanza e ricchezza di una rassegna che al secondo appuntamento presenta ancora una volta riflessione ed emozione.

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Ambivio Turpione

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