Jacopo Mandich racconta encoding Imago
In mostra alla Galleria d’arte Faber le opere di Jacopo Mandich
Dal 23 settembre al 25 novembre presso la Galleria d’arte Faber è presente la mostra personale encoding IMAGO di Jacopo Mandich, scultore italiano e primo artista italiano invitato, nel 2015, alla biennale degli Urali in Russia. Tante le sue altre partecipazioni a mostre e progetti, come quello che l’ha visto protagonista nel 2019 con quello itinerante Forze Invisibili.
In questo periodo ha esposto a Roma le sue opere in un progetto che segna la svolta all’interno del suo percorso artistico e di formazione intellettuale. Per conoscere meglio il suo lavoro e l’artista, ho rivolto allo scultore alcune domande.
Salve, la sua mostra ha un titolo particolare, encoding Imago, cosa rappresenta e cosa racchiude?
Encoding Imago è un titolo volutamente ambiguo che cerca la suggestione dell’ossimoro, l’incongruenza del paradosso per rispecchiare una direzione fondamentale del mio linguaggio: la dualità, lo scontro, l’incontro di nature diverse. la seduzione e repulsione d’identità in divenire. Il titolo è fondamentalmente uno stimolo per entrare in una dimensione sospesa tra terra e cielo.
La mostra segue due binari, uno quello antropologico-sociale, l’altro più intimo. Cosa li accomuna e cosa, invece, differisce tra loro?
Trovo che esistano numerose assonanze fra l’organismo società ed il fenomeno individuo. Infatti, aderisco alla visione che individua la struttura dei meccanismi mentali dell’individuo analoghi ai dispositivi delle dinamiche sociali. In questo caso i codici occulti espressi dalla materia e i segni che generano i caratteri di un linguaggio immaginario, hanno lo scopo di stimolare la rielaborazione della narrazione personale e in termini speculari la narrazione sociale che chiamiamo storia. I codici indecifrabili esprimono le condizioni per sottrarsi all’eterno ritorno, il modo per evadere dai percorsi tracciati nelle mappe cognitive ed allo stesso tempo nuove soluzione per uscire dai cicli storici.
Quanto sono importanti le emozioni prima, mentre e dopo la realizzazione di un’opera?
Io credo che il mio agire artistico sia un intreccio fra emozioni ed elaborazione mentale che si alternano come suoni e silenzi in una partitura musicale. Il processo fondamentale è quello di materializzare un’idea quindi un paradosso di fondo nel processo che rende fisico qualcosa di astratto. Una danza fra corpo e spirito che porti ad eliminare questi confini autoimposti.
Cosa racchiude la sua forma artistica e dove sta cercando di portarla?
La mia ricerca esplora attraverso la materia la percezione della realtà, non saprei se sia io ad essere condotto o a condurre, probabilmente entrambi. Quello che coscientemente mi interessa è di sottolineare l’inconsistenza di quello che definiamo realtà. Ad esempio la materia, che per antonomasia è il simbolo della concretezza fisica è in realtà piena di vuoto e la distanza fra un atomo e l’altro è proporzionalmente la stessa che separa le stelle. Mi piace pensare di offrire al fruitore un’esperienza che penetri sempre più in profondità negli aspetti razionali ed inconsci della sensibilità
L’arte rappresenta l’espressività di un’artista, ma cosa vede, sente, respira l’artista, con la sua arte?
Non è semplice stabilire cosa rappresenti l’arte. Probabilmente per ogni individuo che la fa e/o la vive ha un valore e connotazione estremamente personale. Stabilire cosa rende arte un qualcosa è un arduo compito e quello che si vive nel fortunato stato di grazia che genera le idee è probabilmente insondabile come le motivazioni che magnetizzano verso questa volontà espressiva.
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