La nonna Sabella e la società degli anni cinquanta

l’ironia degli anni cinquanta

La cinematografia italiana racchiude al suo interno delle storie e delle pellicole davvero interessanti, non solo per l’interpretazione delle attrici e degli attori, ma anche per la sceneggiatura. Spesso le pellicole in bianco e nero vengono messe in secondo piano da quelle moderne perché, nel secondo caso, la tecnologia e quindi gli effetti speciali, ci sembrano molto più affascinanti. Eppure ci sono artisti del passato che riuscivano a farci ridere e riflettere con poco, con la sola interpretazione, con ironia, facendoci viaggiare nel loro mondo, senza mai perdere l’occasione per una riflessione.

Uno dei film che amo rivedere con piacere, per i tempi comici, per le battute e per l’interpretazione dei suoi attori, e in questo caso anche per la fotografia, è “La nonna Sabella”, dove l’interprete principale è una iconica Tina Pica, attrice di alto profilo e di ispirazione. Oltre alla Pica nel film recitano anche Peppino De Filippo, Sylvia Coscina, Renato Salvatori, Dolores Palumbo, ma anche Renato Rascel, Paolo Stoppa, diretti da Dino Risi, era il 1957. Anche questo film è tratto da un romanzo, quello omonimo di Pasquale Festa Campanile. Il film è stato girato in gran parte a Sacrofano alle porte di Roma, anche se nella storia si parla di Pollena, un paesino in provincia di Napoli, dove si svolge il racconto.

Il film narra di una nonna arzilla, appunto la Pica, che non rinuncia ad esercitare il proprio potere sul nipote, che vuol vedere sposato alla giovane figlia dell’uomo più ricco del paese, e sulla sorella, alla quale impedisce il matrimonio ormai da vent’anni. Arzilla, perché la donna, nonostante l’età, tiene testa non solo alla famiglia, ma all’intero paese, non provando timore per nulla e nessuno. Non è un caso che la storia cominci con la vecchietta che si finge sul punto di morte, ma solamente perché questo trucco serve a far tornare a casa il giovane nipote.

Anche se in molti non lo inseriscono tra i film migliori, a causa di alcune battute “scontate” o luoghi “troppo comuni”, credo che sia una pellicola che rispecchia la realtà di alcune situazioni italiane del tempo, forse per questo tanto criticate, ma che si possono ritrovare nei racconti dei nonni o dei bisnonni (questo per i più giovani).

È una storia degli anni Cinquanta, che fa divertire solo osservando alcune scene, le quali, viste con gli occhi di oggi, appaiono troppo lontane, come, per esempio, la scena del bagno al fiume, dove il giovane protagonista, in costume da bagno, si diverte a tuffarsi, mentre, nascosta tra le fronde una giovane non osa osservare l’uomo “nudo”. E di scene che mostrano come la nostra società e il pensiero, nonché la visione della figura femminile in primis e di quella maschile, di conseguenza, siano mutati, ce ne sono molte, ma sottolineo che, per fortuna, con il passare del tempo, molte cose sono cambiate. Anche se, riflettendoci attentamente, è facile ritrovare, in queste scene, stereotipi che sono ancora duri a morire.

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Sissi Corrado

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