Malacqua: lo Spirito di Napoli
Il Miracolo letterario di Nicola Pugliese
Malacqua di Nicola Pugliese è un romanzo sfuggente ad ogni qualsivoglia recensione e classificazione critica. Questa osservazione è talmente ovvia da non essere retorica, giacché l’animus dell’opera stessa sta nell’essere un unicum, un miracolo della storia della letteratura non ripetibile, come Napoli è un miracolo (della cultura? Dell’Italia? Della vita?). E Napoli è la vera protagonista dell’opera di Pugliese, in modalità differenti da quanto possa essere la Londra di Virginia Woolf oppure la Parigi di Balzac. Questo perché Napoli è una città che è vissuta al centro nevralgico della storia civile e culturale europea ma che è restata per sua vocazione sempre uguale a sé stessa, sospesa nel tempo e resistente al progresso.
Si potrebbero scomodare nomi della cultura italiana per sostenere questo punto – quello dello stesso Pasolini delle Lettere luterane che giudicava Napoli – positivamente – come “una sacca storica” e i napoletani come persone che “hanno deciso di restare quello che erano e, così, di lasciarsi morire”. Ma il punto è che Napoli resta la città che non dona spiegazione ai suoi paradossi e dal suo innato miscuglio di altissima cultura e plebe scaturisce una vaga poesia, come da lontananze sospese. Napoli è per sua natura incomprensibile e il romanzo Malacqua è esso stesso incomprensibile dal punto di vista ermeneutico.
Malacqua è stato ristampato da Bompiani l’anno scorso, e la vicenda editoriale del libro è storia più che cronaca; scritto nel 1977, pubblicato da Einaudi nello stesso anno, ristampato l’anno successivo, poi scomparve dalla circolazione per ricomparire, ristampato da Pironti nel 2013. L’autore Nicola Pugliese, nato meneghino, si chiuse in un caparbio silenzio, non rilasciando interviste per la sua opera, vivendo solitario ad Avella, e contribuendo alla creazione del mito d’un autore romantico simile all’americano Salinger.

Il sottotitolo di Malacqua è quattro giorni di pioggia nella città di Napoli in attesa che si verifichi un accadimento straordinario. I quattro giorni di pioggia sono quelli che investono Napoli a partire dal 23 ottobre. Ma a Napoli la pioggia non è solo la pioggia perché Napoli non è solo una città. La pioggia può essere fonte di superstizioni, disastri, ma soprattutto, appunto, attese di accadimenti. Quali accadimenti? Chissà, la Divina Provvidenza, o San Gennaro, o qualche “uaglione”, o qualche politico corrotto, o qualche illuminato filosofo ci penserà. Intanto si attende, ché la città sembra essere nata sospesa nel vuoto, nell’attesa di qualcosa.
Nel romanzo, la pioggia invade via Aniello Falcone, provocando due morti, seguite da altre cinque morti in via Tasso. Il consiglio comunale si riunisce in Castel Nuovo, mentre si sentono strane voci provenienti – si scopre – da una bambola. Andreoli Carlo, giornalista, cerca di venire a capo della situazione mentre l’amministrazione si perde in inutili dibattiti tra maggioranza ed opposizione. Più concretamente, la gente del popolo cerca di salvare i propri beni dalla impressionante alluvione. Giunge il 26 ottobre: Andreoli Carlo si fa la barba, e capisce. La pioggia, com’è arrivata, passerà. Non v’è da aggiungere altro.
Si accosterà – si continuerà ad accostare – Pugliese al realismo magico, lo si crederà il mirabile narratore simile a Garcia Marquez, memore però della lezione di Kafka, delle tecniche narrative di James Joyce. Si potrà fare questo all’infinito. Ma la verità è che Malacqua è nato come opera incomprensibile, bella di quella bellezza che coglie lo Spirito di Napoli sospeso nel vuoto. Ma è impossibile sminuzzare criticamente il miracolo di Malacqua, ch’è lo stesso miracolo di Napoli. E credere nel miracolo di Napoli non è niente di più e niente di meno che un atto di fede.
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