Modelle e simboli

Quando l’arte scopre tutte le bellezze

Se avete già dimenticato la polemica di gusto che si è abbattuta sull’ultima modella scelta da Gucci, avete fatto bene. Senza dilungarsi troppo su quanta storia ci sia alle spalle dell’attuale percezione del bello, è giusto fare qualche nome che serva da esempio contestualizzante: restando sulle passerelle, Twiggy Lawson segnò la svolta epocale nella moda e nella cultura degli anni ‘60 con personalità unica, funzionale affinché il messaggio ottimista ed edonista della Swinging London arrivasse a tutti. In arte, modella di se stessa e soggetto prediletto dei suoi quadri, Frida Kahlo utilizzò i suoi autoritratti come strumento per trasporre in pittura drammi e sentimenti interiori, nonché i valori del suo popolo, restando un’artista unica nel suo genere e non facilmente inquadrabile in etichette; inoltre la sua immagine gode di grande approvazione nel gusto di massa, e a distanza di quasi un secolo la sua influenza sembra tutt’altro che esaurirsi.

In altre parole modelli e modelle, al di là della loro mansione puramente lavorativa di “posa”, vengono scelti per scopi più importanti e impattanti: veicolare messaggi, esattamente come nel rinascimento la perfezione del nudo umano e l’anticonformismo delle avanguardie nel periodo delle guerre mondiali. Tutto si fa simbolo in funzione di un messaggio, e se ciò che si vuole far arrivare è un inciso di libera diversità, nessun volto deliziosamente stereotipato sarà funzionale, quanto piuttosto il suo esatto contrario.

Compreso questa sorta di ‘impegno intellettuale’, è sicuramente molto più semplice dimenticare le critiche poco educate e fuori di logica scrosciate sulla testa di Armine Harutyunyan, una figura che invece resta accattivante nella novità con cui si presenta.

 

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Carolina Taverna

Diplomata al liceo artistico e laureata in studi storico artistici con tesi in arte contemporanea.

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