Morena Rastelli ci racconta Malleus Maleficarum

Una ricerca che sviscera la storia delle donne e il loro ruolo all’interno dell’umanità

Sarà in scena al Teatro Fortezza Est dal 10 al 12 marzo, alle 20.30, lo spettacolo Malleus Maleficarum di e con Morena Rastelli. Un primo studio sulla natura femminile che tra dolore e ironia mostra l’ipocrisia della nostra epoca malata. La Rastrelli fa un viaggio nella storia attraverso ciò che non cambia.

Ho deciso di parlarne con lei per dare uno sguardo attento a questa visione del mondo femminile che viene sempre denigrato e che fatica ad essere equiparata a quella maschile. Ringraziando Morena Rastrelli per il suo tempo, comincio con le domande.

Malleus Maleficarum è uno studio sulle libertà e sulla natura femminile. Da dove ha preso il nome dello spettacolo?

Il nome dello spettacolo è preso dal titolo di uno dei principali manuali usati dalla Santa Inquisizione come testo di riferimento nella caccia alle streghe, in cui troviamo le indicazioni su come individuare le streghe e come agire per sterminarle. Questo testo è tuttora esistente, e si può leggere. E quello che mi ha sconvolta è l’assurdità dei suoi fondamenti. Le accuse e le condanne si basano su dicerie, superstizioni, e mai su fatti provati.

Com’è nata l’idea di Malleus Maleficarum, a chi o cosa si è ispirata?

L’idea è nata nel corso di uno studio sulle streghe. Avevo iniziato a studiarle per una messinscena del Macbeth, e il materiale trovato aveva aperto molte curiosità, sulle quali avevo voglia di indagare. In questo studio è apparsa chiara la linea di continuità tra le superstizioni del passato che portarono a sterminare milioni di donne innocenti, e la condizione della donna nella realtà contemporanea, in cui la soppressione violenta non è certo solo un ricordo. La concezione contemporanea della donna e del Femminile ha radici profonde nella storia, all’origine del patriarcato.

Lei fa un percorso nella storia, sulla storia delle donne, raccontando delle violenze e delle dicerie che portarono all’inquisizione e alla caccia alle streghe. Ma le streghe chi erano realmente?

Le streghe sono un’invenzione della Chiesa, o meglio, ciò che la Chiesa ha inventato è il loro legame con Satana, col male, al fine di sterminarle. Le streghe erano donne che svilupparono una conoscenza della natura, delle sue energie, che impararono a dialogare con essa, ad ascoltare ciò che è misterioso nella vita, a leggere segni, come del resto si era sempre fatto nelle culture pagane. Ma tutto ciò che era pagano doveva essere sterminato, per cui associarlo a Satana era il modo migliore per stroncare una cultura antica e profondamente radicata nel popolo. Ma soprattutto erano donne libere, grazie all’indipendenza economica derivante dalle loro abilità, e nessuno poteva e può ancora oggi permettersi di essere veramente libero.

Una delle frasi che ha segnato cita: “Siamo le figlie delle Streghe che non siete riusciti a bruciare”, quali sono i sentimenti che hanno accompagnato le donne e gli uomini nei secoli, riflettendo su questa frase?

Credo che donne e uomini abbiano sempre cercato di capire chi sono, e si siano interrogati sul senso del tutto. Hanno avuto bisogno degli Dei per dare un nome alle forze della natura, poi hanno avuto bisogno di un Dio uomo per allontanarsi dalla natura e innalzarsi spiritualmente. Nel corso dei secoli stiamo affrontando una crescita spirituale, che passa attraverso la conoscenza di noi e del mondo. Non si può scegliere tra il Maschile e il Femminile, essi sono principi che reggono la vita. Abbiamo bisogno di entrambi, la nostra vita e il nostro mondo si basano su un equilibrio tra di essi. Bisogna comprendere non solo ciò che è razionale ma anche ciò che è irrazionale, accettare l’imprevedibilità della vita, il suo caos, per comprenderla appieno. Per tornare alla frase di cui sopra, non si può continuare a bruciare ovvero rinnegare ciò che siamo. Le streghe si reincarnano in ogni donna contemporanea che rivendica la sua libertà di essere ciò che è, e che porta in alto il Femminile come potenza indomita della natura, e come contraltare, pari e complementare del Maschile.

Parlare di natura femminile oggi che valore ha rispetto al passato? È una concezione che è maturata o siamo ancora fermi a concetti degli anni passati?

Siamo più fermi di quello che sembra. Il Femminile è ciò che spaventa. È l’intuizione, è l’imprevisto e l’imprevedibile, è il tutto e il contrario di tutto, è ciò che non possiamo spiegare con la ragione, La cosiddetta emancipazione femminile ha solo costretto le donne ad adeguarsi alle regole del Patriarcato, a ciò che esso definisce vincente: il produttivo, l’economico, il razionale. Il Femminile nella sua essenza deve ancora essere riconosciuto nella sua necessità di esistere.

Nella sua ricerca cosa l’ha colpita particolarmente? Ci sono figure femminili che hanno lasciato un segno particolare nella storia? E nel suo cuore?

Nella mia ricerca storica a parlare sono sempre gli uomini. Gli uomini scrivono le leggi e le fanno rispettare. È questo che mi ha colpita. Le donne non parlano, non scrivono, non dettano legge. Chissà come mai allora fanno così spavento, perché sono sempre considerate pericolose. È questo che ho indagato. Cosa c’è di così spaventoso nelle donne da doverle sottomettere, nascondere, frenare, velare e uccidere? Credo che la donna, e in un senso più completo il Femminile, sia ciò che non comprendiamo, ciò che non possiamo spiegare con la razionalità, e per questo fa spavento. Le stesse ragioni per cui la vita fa paura.

Quello che mi colpisce è sempre l’essere umano, la sua fragilità, ma anche la forza di cui non è consapevole, la vera forza, la forza dell’amore. E mi colpisce la stupidità in cui ci rifugiamo pur di non ammettere di non capire. È bello a volte non capire, lasciare che la vita accada e comprendere forse, in qualche modo, nel tempo, nell’evolversi degli eventi, e non solo con la ragione. È bello smettere di dare definizioni, di chiudere ogni cosa dentro delle caselle che limitano il senso di tutto. E mi colpisce quello che accade oggi e la nostra incapacità di vederlo.

Nel suo spettacolo la parola ha la stessa intensità espressa dal corpo, come ha lavorato per dare forma e convinzione a entrambi?

La forma è comunicazione, e nel costruire uno spettacolo provo a riservare un’attenzione dettagliata alla forma che le parole e il corpo assumono, in modo tale che non siano casuali. Lavoro sempre osservando il mondo che mi circonda, mi lascio attraversare, metto in comunicazione il dentro e il fuori, e provo, provo e riprovo a trovare una forma efficace, significante, per raccontare quella specifica cosa, che possa essere il filo, il conduttore tra il pubblico e me. E probabilmente mi baso più sul Femminile che sul Maschile… Non si può spiegare, si può sentire.

Prima di concludere vorrei farle una domanda che reputo importante per comprendere la condizione in cui vive la donna oggi: perché la libertà femminile fa tanta paura?

Forse in parte ho già risposto poco fa, ma nello spettacolo azzardo un’ulteriore ipotesi: “…ma c’è un’altra cosa, che non si può dire, il Grande Tabù, e il maschio alfa o beta continua a mentire, ne è sconvolto, non riesce a capire, il grande inaccettabile enigma….” e per conoscerla, bisogna vedere lo spettacolo…

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Sissi Corrado

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