Pigmalione narra la sperimentazione

Trasformare l’intelligenza delle persone è vivere più felici

Sempre nella prima serata del Festival inCorti da Artemia, il 19 aprile, sarà in scena, come ultimo spettacolo della giornata, il corto Pigmalione della Compagnia dell’applauso, scritto da George Bernard Shaw, diretto da Elisa Faggioni, con Alfredo Giordano, Beatrice di Roma, Federico Fanella e Alessandra Filippi.

Siamo nell’oggi, con le continue sperimentazioni e gli studi per trasformare la nostra mente e quella degli altri.

Salve. Perché vi siete iscritti a InCorti da Artemia?

Prima di tutto grazie per questa intervista, è sempre un piacere e un privilegio poter parlare di noi e delle nostre attività. Mi chiamo Elisa Faggioni e dirigo il Teatro dell’Applauso dal 2003. Ci siamo sempre occupati di pedagogia teatrale e teatro ragazzi ma negli ultimi anni abbiamo deciso di orientarci anche verso un pubblico ‘adulto’.

La nostra principale intenzione è adesso quella di distribuire e far conoscere le nostre produzioni. Crediamo che questo festival possa essere una opportunità ed un’occasione di scambio e conoscenza. Conosciamo il festival da anni e abbiamo deciso di allestire questo corto proprio per avere la possibilità di partecipare.

Cosa vi aspettate dal festival?

Sicuramente un momento d’incontro con nuove realtà e di poter condividere idee e nuovi linguaggi in un’ottica di interscambio. Siamo interessati e curiosi di conoscere il lavoro di altre compagnie per poter trovare affinità e differenze ed accrescere il nostro bagaglio d’esperienza.

Parliamo del vostro corto incentrato su un esperimento che dovrebbe portare alla perfezione. Cos’è la perfezione per gli studiosi? E per voi?

L’idea di riproporre un mito come quello del Pigmalione in chiave post-moderna nasce dal desiderio di voler rappresentare la capacità dell’essere umano, in particolare della donna, di costruire se stessa. Con la scelta di riadattare il mito si vuole parlare di un meccanismo più complesso quale appunto l’oppressione delle sovrastrutture sociali.

Il personaggio ‘creatore’ è rappresentato come uno scienziato che forgia persone “perfette” e pertanto accettabili dalla società. Trasformare la persona animalesca, costruirla e reinventarla significa così quasi erigersi a Dio. Significativa è altresì la relazione erotico-filantropica tra lo scienziato e la sua creatura perfetta, un legame che difficilmente può essere spezzato; a patto che la stessa creatura non cambi a sua volta il creatore.

La perfezione, si sa, non esiste, esistono però modelli ed ideali che di epoca in epoca si impongono. Oggi come ieri noi essere umani siamo animali sociali costretti ad uniformarci in ciò che la società chiede di essere.

Il tema della trasformazione di una povera ragazza in una perfetta donna, è un tema raccontato più volte. Quali sono i vostri punti di forza inseriti nello spettacolo?

La nostra regia parte, in prima istanza, dall’elaborazione del messaggio attraverso la costruzione dell’immaginario. Ragionando per immagini nasce così un ambiente distopico e postmoderno grazie all’uso di elettrodi, dell’oscilloscopio e della teca che racchiude la donna perfetta.

Ad influenzare la messa in scena è stato inoltre il film di Fritz Lang, Metropolis, con il suo scenario iper tecnologico in cui l’essere umano perde la sua dimensione individuale e diventa una macchina. Come il robot di Lang, artefice di una rivolta, la donna che è stata creata allo scienziato diventa colei che trasforma e si ribella allo scienziato stesso.

La scelta di utilizzare il teatro danza è servita, invece, a raccontare, attraverso l’azione scenica, il processo di trasformazione di quell’essere immondo e impuro in un oggetto perfetto. Funzionale in tal senso è il brano Under Pressure dei Queen e di David Bowie: pressione sociale ma anche l’amore che contiene in sé un valido aiuto.

Tante le domande che si possono fare gli spettatori su questo tema, come il cambiamento e la corsa a somigliare a qualcuno/a. Cosa pensate voi dell’impegnarsi ad essere identico a un ideale?

Come già detto pensiamo che sia impossibile non aderire al modello sociale in atto, sia per adeguarsi e vivere nella comunità sociale di riferimento, sia per sentirsi artefici della propria antropopoiesi. Ciò nonostante, con questo spettacolo, vogliamo anche dire che esiste una forza ancora più grande della scienza o della genetica per raggiungere la tanto agognata perfezione, ed è appunto la forza dell’identità personale.

Grazie e in bocca al lupo!

Grazie a voi di tutto!

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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