Priscilla Muscat in Anita al buio, alla scoperta di sé stessa

Spettacolo sulla scoperta del proprio io, interpretato da Priscilla Muscat

Al Centro Culturale Artemia in scena lo spettacolo Anita al buio scritto da Priscilla Muscat e Matteo Scarfò, interpretato da Priscilla Muscat per la regia di Lucy Bellotti. In scena la rassegna teatrale a tema LGBTQ+ “Artemia+” che attraverso il teatro vuole raccontare storie per abbattere pregiudizi e difendere diritti. Dall’11 al 13 novembre alle ore 21.00, sarà in scena Priscilla Muscat alla quale abbiamo rivolto alcune domande.

Anita al buio è il racconto di una giovane omosessuale che prende coscienza di sé in età adulta, nonostante viva nel mondo attuale. Quanto la nostra società continua ad essere predominante sulle scelte di vita delle persone?

La società gioca un ruolo fondamentale nella crescita di ogni individuo. Se la società mi induce a pensare che non c’è mai tempo, che devo correre, che dovrei far figli per sentirmi realizzata, beh, allora direi che sia inevitabile poi avere il dubbio se si è strani quando non ci si adegua a un certo schema. Sono tanti gli impulsi che ci allontanano dai noi stesse e spesso non è facile capire cosa realmente desideriamo. Ci ritroviamo a vivere vite non nostre, ad accontentarci di partner che in realtà non amiamo, a non aver tempo da dedicare a noi stesse e alle persone intorno a noi e questo accade non solo per una nostra scelta, ma spesso perché ci sentiamo inadeguate o in colpa se non rispettiamo determinati criteri decisi dalla società. Chiaramente la società siamo noi, e fra noi, c’è chi ha deciso di non adeguarsi, di lottare, di provare a costruire un mondo nel quale discriminazione e disuguaglianza non esistono. Queste persone sono la minoranza però, non si spiegherebbe il mondo in cui viviamo altrimenti.

Chi è Anita?

Anita è una ragazza di 27 anni, è ironica, stanca, annoiata, si descrive come “una faccia in mezzo alla strada”. Sta attraversando un periodo buio perché si sente incapace di reagire alla vita. Lavora come commessa in un negozio, nonostante voglia fare la regista, vive da sola a Roma ed è fidanzata con Mattia da diversi anni. Una relazione mai decollata, ma portata avanti per inerzia e comodità. Anita nella sua vita ha avuto due occasioni però per rendersi conto che ciò che realmente le faceva vibrare qualcosa dentro non era Mattia, bensì Elena e successivamente Antonia.

Elena è colei che le fa scoprire l’attrazione per le donne, Anita però viene ostacolata dalla madre che la porta da una psicologa per “farsi curare” dalla presunta omosessualità. Non è facile per Anita accettare di non essere accettata. Antonia, che conosce anni dopo, è il desiderio, la tentazione, il sogno, l’adorazione e infine l’amore e la costruzione.

Prendere coscienza di sé quasi trentenne, fa pensare ad una lunga battaglia con sé stessi o alla poca conoscenza del mondo sessuale?

Credo entrambi. Forse possono essere collegati. Se si è in conflitto con la propria identità o con l’accettazione da parte dell’altro, per esempio, è facile che si abbia paura ad esplorare vie sconosciute.

Nelle scuole, ma anche nelle case, di sesso se ne parla poco o nulla, non abbiamo la possibilità di confrontarci. Come potremmo modificare questa esigenza?

Per quanto riguarda la scuola sarebbe facile, basterebbe avere delle ore a disposizione per fare educazione sessuale, mentre nelle case la questione si complica. Tante volte sono i/le bambine ad insegnare ai genitori. Potremmo investire su di loro affinché le prossime generazioni siano più responsabili di quelle precedenti. Per quanto riguarda gli anziani e cioè coloro che usufruiscono di più della televisione, si potrebbero creare dei prodotti che li educhino delicatamente a un cambio di pensiero. Le persone vanno accompagnate a cambiare, non costrette. Chiaramente una certa predisposizione al cambiamento è inevitabile.

Nella pièce oltre alla ricerca di sé stessa, anche la pandemia, la disoccupazione, un mondo che appare sempre più instabile, come lo affronta Anita?

Anita lo affronta come può, come riesce. Fatica, butta la sua frustrazione nel cibo spazzatura, a malapena si lava e si accontenta di un lavoro che gli permette di coprire le spese. Vorrebbe fare la regista, ma non ha il coraggio di muoversi dalla sua zona di comfort, ha paura.

Anita potrebbe rappresentare tante giovani e giovani che si mettono in discussione, affrontando la vita. Oggi ci sono più combattenti o passivi? Perché?

Non saprei. C’è chi combatte per avere una vita migliore e chi si fa travolgere dagli eventi. Credo dipenda anche dal carattere della persona e dal tipo di educazione ricevuta.

Quanto di Anita c’è in Priscilla e quanto di Priscilla in Anita?

Direi che c’è molto. Sia Priscilla che Anita sono passionali, ironiche e un po’ arrabbiate con il mondo. A volte si divertono a fare commenti politicamente scorretti, ruttano e si perdono in divagazioni esagerate sulla società.

Nella storia invece ci sono molte cose che non mi riguardano, ma provengono da esperienze di altre persone e dalla fantasia, poi ci sono le esperienze di Matteo Scarfò, con il quale ho scritto Anita al buio.

Grazie per essere stata con noi!

Grazie per l’intervista!

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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