Racconti disumani al Teatro Quirino di Roma

Un’idea kafkiana

Il 30 gennaio ha debuttato al Teatro Quirino di Roma, Racconti disumani, tratto da due racconti di Franz Kafka. Non è una novità che al teatro romano vengano adattate opere che originariamente non sono nate per il palcoscenico – la presente stagione è stata aperta da La coscienza di Zeno. Ma in questo caso il salto di qualità è davvero impressionante, e rischia di diventare grottesco, kafkiano appunto.

Si aggiunga che, considerato che questo spettacolo è di Alessandro Gassmann, anche sforzandosi di avere uno sguardo neutrale, è ben difficile non pensare al fantasma di Vittorio Gassmann, così legato al nome del Teatro Quirino, che aleggia come Amleto padre su Roma e non in Danimarca. Tanto più che lo stesso Vittorio Gassmann aveva a suo tempo recitato il monologo de Una relazione accademica. Adesso, invece l’unico attore in scena è Giorgio Pasotti e i due racconti di Kafka scelti sono Una relazione accademica e La tana.

I racconti di Kafka, scrive Gassmann nelle note di regia, descrivono umanità disumanizzate. In un racconto una scimmia diventa un uomo e apprende a imitare i comportamenti umani, nell’altra una sorta di architetto-talpa si costruisce un’abitazione per proteggersi da nemici invisibili. Umanità disumanizzate, e molto attuali, si dirà. Si dirà anche che sono attualissime nel mondo del dopo-pandemia, laddove l’altro viene facilmente identificato come il nemico ed è più semplice rintanarsi piuttosto che aprirsi al mondo.

Sì, è ovvio, e dunque i messaggi veicolati da questo spettacolo sono attuali, giacché non bisognerà ripetere che ogni classico porta messaggi sempre attuali. Il punto allora non è riprendere la vieta discussione circa la possibile attualizzazione di un’opera a teatro. Ma, per un minimo amore di filologia, bisognerà pure notare che, se anche Alessandro Gasmann scrive nelle sue note di regia che Kafka era un gigante della letteratura e del teatro, Kafka non scrisse per il teatro se non un’opera che fu bruciata. Sì, le sue opere hanno spesso una struttura drammaturgica, ma la questione è talmente complessa da non potere essere risolta affidandosi genericamente alla “grandezza della letteratura” o a generalizzazioni banalizzanti di questo tipo. Il teatro sarà pure uno spazio libero ma anche lo spettatore ha uno sguardo ….

Ebbene, non sarà forse inutile richiamare alla memoria quanto Adorno disse delle opere di Kafka in Prismi, secondo cui la forma dei racconti di Kafka è quella della parabola: una parabola che è l’opposto della parabola evangelica. Kafka sembra dire all’uomo, infatti: bussa, nessuno ti aprirà, rendendo perspicua la situazione di un uomo continuamente sviato e senza via di uscita. Dunque, se pure c’è attualizzazione, non bisognerà dimenticare che la scrittura di Kafka non è metaforica, altrimenti si perde qualunque sfumatura.

Detto ciò, lo spettacolo di Alessandro Gassmann, preso in sé, risulta godibile. Giorgio Pasotti rende i racconti di Kafka digeribili, e riesce anche a far ridere, in questo caso segno incontrovertibile di grande bravura, manifestatasi anche in una prova attoriale di grande impegno fisico. Lo spettacolo è prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo in coproduzione con Francioni Produzioni; l’adattamento è di Pivio e Aldo De Scalzi, le scene di Alessandro Gassmann, i costumi di Mariano Tufano, il light designer è Marco Palmieri, le videografie sono di Marco Schiavoni, l’aiuto regia Gaia Banassi, il sound designer è Massimiliano Tettoni, il trucco è di Serena de Pascali.

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Antonio Sanges

Dopo avere vissuto in diverse città in Italia e in Europa, è tornato a Roma. Ha pubblicato libri di poesie e s'interessa di letteratura e teatro.

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