Tiziana Lucattini ci racconta YOU. The YOUng City
Tre mesi di arte multidisciplinare al Centrale Preneste di Roma
Da ottobre a dicembre YOU. The YOUng City animerà il Centrale Preneste Teatro di Roma. Una rassegna multidisciplinare sotto la direzione artistica di Tiziana Lucattini. Un lavoro che avvicina le arti performative e gli artisti al pubblico romano che possono partecipare gratuitamente alle varie performance. A raccontarci quest’iniziativa è la direttrice artistica dell’evento, Tiziana Lucattini, che ringraziamo per la disponibilità.
YOU. The YOUng City anima il Centrale Preneste Teatro di Roma con una rassegna variegata. Com’è nata la rassegna?
La vocazione della compagnia è sempre stata quella di dedicarsi alle giovanissime generazioni, l’infanzia, come referente ma anche e soprattutto come campo poetico ed artistico di ispirazione. Con YOU. The YOUng city abbiamo voluto affiancare alla consueta programmazione per famiglie ed infanzia, una programmazione serale speciale con nuove realtà di artiste ed artisti under 35, rispondendo alle necessità sociali e culturali del territorio e dei tanti giovani ed adolescenti che lo abitano.
Un insieme di eventi che accompagnano la vita del quartiere fino a dicembre. C’è un filo conduttore tra gli spettacoli che avete scelto?
Gli spettacoli pur essendo molto diversi fra loro, sono tutti all’insegna di un teatro d’attore. Sia quando è centrale la sua drammaturgia, e penso specialmente agli attori narranti, sia quando la drammaturgia è più solidamente classica. Un filo rosso accompagna gli artisti e le loro proposte che mettono in scena bisogni, tematiche, visioni di futuro e condividono alcuni nodi del vivere contemporaneo, la solitudine, la morte, la separazione, il disagio di vivere, il bisogno e la paura di crescere. Crediamo sia un progetto di grande respiro che coniuga i nuovi percorsi con quelli di registi e performer di esperienza, offrendo al pubblico incontri intergenerazionali artisticamente nutrienti.
Una scelta, dicevamo, variegata: musica, teatro, danza. Quanto lavoro c’è dietro a una rassegna così ampia?
È una rassegna inseguita da tanto, pensata, cesellata, ma che ha trovato piena risposta e condivisione da subito da parte degli artisti presenti. Come gli spettacoli di teatro e di danza, così anche i concerti condividono il filo rosso della necessità vitale di esserci, di ripartire dal basso, dalla musica di tradizione che va dal country folk americano che deve il suo humus alle tante anime ed armonie dei migranti che hanno costruito l’America, alla musica irlandese e bretone, al jazz fino alla musica del sud dell’Italia e dell’area partenopea.
La vostra è anche una sfida, l’ingresso è gratuito. Come risponde il pubblico?
La rassegna è cominciata da poco, siamo con sabato prossimo al quinto evento. Ma la risposta del pubblico è stata fin qui entusiasmante.
E i vari artisti, come approdano al palco e al pubblico stesso?
Il nostro teatro, Centrale Preneste, è uno spazio accogliente, crediamo in tutti i sensi, abitato da un genius loci, uno spiritello, che fa bene: persone generose che lo animano e pubblico generoso che lo frequenta, dotazione tecnica di livello, sicurezza, area esterna dove si respira lontani dal caos metropolitano. Credo che gli artisti siano contenti di lasciare le loro tracce da noi.
Questo è un periodo da considerare post-pandemico. Quanta importanza ha la cultura per le persone?
Dalla risposta che stiamo ricevendo abbiamo una volta di più la conferma – se ce ne fosse bisogno – che la cultura e l’arte sono il nutrimento fondamentale dell’essere umano e che senza si deperisce come affamati e assetati. Il teatro è mettersi nei panni dell’altro quindi condividere e allenare l’empatia, emozionarsi per questo allontanando l’indifferenza, vivere possibili storie, sperare, riflettere su sé e su gli altri.
I giovani artisti under 35, a cui la rassegna si rivolge, a quali spazi possono ambire per cercare di emozionare con le loro performance?
Più che “cercare di emozionare” gli artisti esplorano terreni – emotivi e di riflessione – comuni. Come dicevo bisogni, paure di futuro, disagio di vivere, solitudine, separazione, alienazione del proprio essere in un mondo che sembra governato solo da leggi di profitto. Gli artisti creano ponti da attraversare, in tutti e due i sensi, propongono al loro pubblico una relazione.
E lei, cosa si aspetta dalla rassegna? E dagli artisti?
Che i ponti vengano attraversati e i muri abbattuti.
Grazie per essere stata con noi!
Grazie a voi!!!
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