Todo cambia, anche l’immutabile

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Il vento del cambiamento lo percepisci appena entri nella sala. Una forza ti investe e resti ipnotizzato dalle immagini che scorrono sulla destra del palco. Quello proiettato è il documentario “La marcia degli abbracci” di Francesco Calandra che parla delle madri di Plaza de Mayo, le madri che hanno cambiato un paese, con la loro forza di volontà. Sono madri che non sapevano lottare, che erano sempre rimaste a casa, ad accudire la famiglia, fino a quando il regime non fece sparire 30 mila ragazzi, i loro. Dal 30 aprile 1977, le madri hanno preso il posto dei figli desaparecidos, continuando una lotta che non avevano intenzione di fare, che all’inizio, forse, nemmeno comprendevano a pieno. Alla fine, l’amore per i loro figli le ha viste vittoriose contro i bastoni, i fucili, contro un governo dittatoriale che aveva torturato e ucciso giovani, distrutto intere famiglie. L’abbraccio delle madri, adesso anche nonne di Plaza de Mayo, si estende anche a tutte quelle che non hanno avuto la forza di combattere, che hanno avuto paura. Ma il loro coraggio, la loro scelta di scendere in piazza, ogni giovedì di ogni settimana, per 30 anni, ha vinto su tutto, sull’indifferenza, sulle menzogne, sulla paura, donando al mondo l’esempio della costanza e la sicurezza che, se uno vuole, tutto cambia.

Todo cambia, viaggio intimo con Mercedes Sosa, è proprio il titolo dello spettacolo in scena fino al 16 novembre al Teatro Lo Spazio di Roma, in anteprima nazionale, scritto e diretto da Pino Ammendola, con Maria Letizia Gorga, accompagnata sulla scena da Stefano De Meo al pianoforte e Pino Iodice alla chitarra.

Tutto cambia, recita sulla scena e nelle canzoni, anche quando sembra che tutto sia immutabile. Il testo è dedicato alla cantante argentina Mercedes Sosa, chiamata La Negra, la ragazza, artista della gente perché stava sempre dalla parte dei deboli, dei lavoratori poveri, dalla parte di chi soffriva, senza nascondersi e senza paura. Anche la sua è stata una vita difficile. Nata in una famiglia poverissima, come unica ricchezza aveva l’amore. Un amore che ha portato sempre dentro di sé, quell’amore per la famiglia che le ha fatto seguire il suo primo marito e l’ha resa cantante. Per passare all’amore incondizionato per la sua terra e la sua gente, martoriata, dal 1977 al 1983 dalla dittatura militare che la vede prendere posizioni sociali molto lontane dal regime, tanto da venire arrestata e poi esiliata.

Mercedes Sosa non si è mai arresa e da lontano ha continuato a cantare per il suo popolo e a cercare aiuto e sostegno in tutto il mondo, per le madri di Plaza de Mayo, che da Buenos Aires cercavano di ottenere giustizia. Un’eroina non solo argentina, ma riconosciuta da tutto il sud America.

L’omaggio che Pino Ammendola fa alla cantante è anche un omaggio alla donna, alla combattente che non si è arresa alla vita e che ha sempre continuato a cercare il cambiamento non solo per sé, ma anche per la sua gente, nonostante le grandi sofferenze personali. Uno spettacolo che alterna il racconto della vita dell’artista con le canzoni che l’hanno resa celebre e che l’hanno accompagnata in giro per il mondo. Canzoni semplici, spesso, soprattutto nel periodo dittatoriale, canzoni a tema sociale, che inneggiano alla libertà, all’equità delle persone, che la pongono nella schiera delle compagne comuniste dell’Argentina e non solo.

Impareggiabile ne è poi l’interpretazione di Maria Letizia Gorga, con la sua voce bellissima, che incanta e fa sognare e sul palco diviene l’anima che cattura l’anima stessa di Mercedes Sosa, che trascina in scena insieme a lei. Incanta con la sua interpretazione, portandoti a vivere in prima persona le gioie, le speranze, la lotta sociale di una delle eroine della storia attuale. L’interpretazione ti cattura, ti strega fino alla fine portando l’unico sentimento, l’amore, al di sopra di ogni altra cosa. Non si può non esserne catturati, dalle parole e dal ritmo delle canzoni, come dall’interpretazione e dalla voce dell’artista in scena. Per questo meritatissimi gli applausi spontanei e finali, ad un’artista che mostra così alte capacità di interpretazione e coinvolgimento. Un applauso, quello finale, che ne vuole festeggiare anche l’ottima riuscita di uno spettacolo davvero “mozzafiato”.

Nel piccolo teatro gremito di gente, per una sera, tutti gli spettatori, anche se per poco meno di due ore, si sono sentiti coraggiosi, intrepidi e pieni di speranza come lo è stata Mercedes Sosa nella sua vita, grazie a Maria Letizia Gorga.

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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