Trittico d’Artista: Jeremy Bastianiello
Il terzo appuntamento del format Trittico d’Artista è con il giovane artista Jeremy Bastianiello e il suo Evolvere
Reduce dalla sua esposizione a Trittico d’Artista, il format ideato e curato da Andrea Alessio Cavarretta, con il suo appuntamento mensile presso le Officine Beat di San Lorenzo, intervistiamo Jeremy Bastianiello, artista che ha esposto con la sua personale Evolvere. Una serata che ha visto come sempre l’attenzione di un pubblico attento, di leggerezza e di cultura, insieme alla possibilità di assaggiare un cocktail preparato dai barman del pub bistrot, dedicato all’artista che espone i suoi lavori. Abbiamo quindi potuto assaggiare anche il “Jeremy” mentre Stefania Visconti, insieme ad Andrea Alessio Cavarretta, ha presentato la serata. Ma un artista non lo si conosce mai abbastanza e quindi ho deciso di approfondire la figura, l’arte e la personalità di Jeremy Bastianiello.
Benvenuto Jeremy, il Trittico che hai presentato a Trittico d’Artista si chiama Evolvere, perché?
Buongiorno, il termine Evolvere, in questo caso, si riferisce all’evoluzione dell’uomo nella storia, dello sport raffigurato nelle opere ma anche ad una mia evoluzione personale sia come persona che come artista.
Quali emozioni ti hanno accompagnato durante la serata?
Durante la serata, ho provato tristezza, malinconia, emozioni collegate alle mie opere, non di certo perché la serata non fosse si mio gradimento! Ma anche gioia per gli scambi di opinioni che ho potuto avere con le persone e le varie persone che ho potuto conoscere.
Cosa ti ha colpito del format ideato e curato da Andrea Alessio Cavarretta?
Mi ha colpito il fatto che sia stato un evento con un mix bilanciato di divertimento, cultura e intrattenimento.
La tua esposizione ha previsto tre quadri con un tema ben preciso, la boxe, cosa rappresenta per te questo sport?
Questo sport rappresenta per me un modo per scaricare, ovviamente, la mia energia però, c’è un altro motivo: penso di essere (quasi) sempre stato, in qualche modo, affascinato dal modo in cui i pugili riescono a gestire la pressione di un combattimento. Credo che sia cresciuta in me, con gli anni, la voglia di provare sensazioni forti e di “pericolo”, anche se a livello amatoriale, per imparare ad uscirne gestendo lo stress.
I tuoi tratti, nel dipingere le scene, mostrano la potenza e perfezione del corpo umano, che ricordano le forme di Michelangelo, ti sei ispirato a lui?
Per quanto riguarda lo studio anatomico e della luce, sì. Michelangelo, Leonardo, Caravaggio, Tiziano, Tintoretto e Donatello sono stati importantissimi perla mia formazione. Oltre a questi, però, guardo molto i dipinti di Schiele, Klimt, Hopper, degli impressionisti e di pittori contemporanei attivi come Jakub čuska e John Casado e acquerellisti contemporanei vari.
In passato, non molto lontano, hai lavorato proprio alla realizzazione di dipinti ispirati a statue dell’antica Roma, cosa ti ha lasciato questo lavoro?
Questo progetto mi ha permesso di scoprire e di osservare le opere d’arte con un altro punto di vista, scoprendo la loro bellezza appunto perché sono rovinate, spezzate, ricostruite… È come avere una testimonianza di eventi storici che hanno distrutto opere ma, allo stesso tempo, ne hanno tirato fuori una bellezza anomala.
Quali sono gli artisti che ti ispirano, i tuoi mentori?
Senza esitazioni, Edward Hopper, Tiziano, Schiele e Klimt.
La tua formazione artistica è avvenuta a Roma, al Liceo Artistico di via Ripetta, al centro di una città che è ricca d’arte, cosa ricordi di quegli anni passati tra i banchi di scuola?
Al liceo artistico, ricordo le prime esperienze e vere sfide a livello artistico, sperimentando vari materiali e tecniche sia pittoriche che digitali ma la mia esperienza più importante l’ho vissuta all’Accademia di Belle Arti di Roma.
Fin da giovane hai sentito l’esigenza di raccontare il mondo attraverso il disegno, qual è stata la “prima” vera opera che hai terminato? Quali gli strumenti utilizzati?
È difficile trovare la “prima opera”. Sicuramente le prime che considero opere vere e proprie sono i dipinti di pugili, di grande formato, realizzati con tecnica mista, carboncino o grafite, acrilico e pastelli ad olio, su carta da spolvero. Le considero opere perché niente è lasciato al caso: i materiali utilizzati, i modelli scelti, i colori e i vari effetti che ho dato, sono tutti pensati.
Il lungo percorso artistico ti ha portato a interagire con i tanti giovani artisti che, come te, hanno scelto di seguire le loro passioni. Credi che la scuola, l’Accademia, siano luoghi importanti per la crescita di un artista oggi? Quali sono, secondo te, i loro punti di forza e quelli di debolezza?
Secondo me, l’Accademia è un luogo fondamentale sia per l’apprendimento sia per gli scambi di opinioni che gli studenti possono avere tra di loro. Non si impara soltanto dai professori. Delle idee possono nascere dal confronto con gli altri. I punti di forza sono: gli scambi di idee e opinioni che gli studenti hanno tra di loro, la possibilità di sperimentare varie tecniche artistiche e di essere seguiti da professionisti. Tra i punti di debolezza c’è purtroppo la mancanza di ambienti spaziosi adatti alle attività artistiche che gli studenti devono svolgere.
Cosa consiglieresti ad un ragazzino che si trova nella difficile situazione di scegliere un percorso scolastico?
Prima di tutto, gli consiglierei di studiare e approfondire quelle che sono le sue passioni e di cercare la propria identità in base a ciò che ama fare senza farsi influenzare dalle mode del momento, da amicizie, da pregiudizi…
I tuoi primi lavori ti hanno visto utilizzare matite colorate, pennarelli, carboncino, gessetti. Oggi li utilizzeresti per disegnare cosa?
Questi ultimi anni, mi sono dedicato ad un’altra mia passione che ho da quando sono piccolo: il manga. Oggi utilizzo, in parte, questi materiali per creare questo tipo di opere. Uso anche l’acquerello e le tecniche digitali. Il carboncino e i gessetti o pastelli ad olio, li utilizzerei sempre su grandi formati, per realizzare opere sui pugili.
Quale tecnica preferisci e perché?
Su grande formato, la mia tecnica preferita è quella mista: acrilico e pastelli ad olio. Su formati più piccoli, invece, uso molto l’acquerello perché mi permette di dare tanta libertà ai miei movimenti e di dare facilmente freschezza e dinamicità all’opera.
Da artista hai spesso sperimentato unendo varie tecniche, secondo te, quale sperimentazione è riuscita meglio e perché?
La sperimentazione che mi è riuscita meglio è sicuramente l’unione tra il carboncino, l’acrilico e i pastelli ad olio.
Il tuo lavoro ti spinge ad essere un attento osservatore della realtà. Da cosa prendi ispirazione per i tuoi lavori?
Per realizzare le mie opere, prendo ispirazione da giochi particolari di luce e ombra, dalle macchie di sporcizia e umidità, dal muschio e dalle fessure che si creano sulle statue e sulle varie strutture architettoniche come le rovine antiche e le case moderne degradate. Per quanto riguarda i pugili, invece, cerco fotografie in cui gli atleti sono in pose ben precise che mi ispirano in modo da poter reinterpretare l’immagine.
Quali sono le tue prossime sperimentazioni?
Sono diversi anni che penso di approfondire il tema dei pugili su grande formato. Ho immaginato tante volte che potrei aggiungere elementi come pezzi di giornali strappati ma anche toglierne altri.
A cosa stai lavorando in questo periodo?
In questo periodo, creo vari tipi di lavori: acquerelli sui pugili e statue antiche e illustrazioni digitali sul tema del manga.
È meglio vivere d’arte o per l’arte? E perché?
È un discorso molto soggettivo e ci potrebbero essere centinaia di esempi e motivi per i quali un artista sceglierebbe l’uno o l’altro, o addirittura, entrambi. A me piacerebbe vivere d’arte ma vivo per l’arte per non sentirmi influenzato da fattori esterni. Ora, ti spiego quali! Vivere per l’arte, secondo me, significa creare quello che vuoi senza avere costrizioni, “obblighi”, tempi di consegna e non hai neanche un pubblico da soddisfare, o almeno una minima parte. Soddisfi te stesso e va bene così se non ti interessano i soldi. In poche parole, sei libero di fare ciò che vuoi, quando vuoi. È ovvio che, se un giorno dovessi riuscire ad unire le due cose, sarebbe grandioso ma poi so anche che avrei un ritmo di produzione da rispettare e non sempre facile da sopportare, con il rischio di trasformare il piacere in frustrazione, tutto dipende dalle condizioni in cui mi troverei. Poi, a me, piace molto variare: passo dalle illustrazioni in stile manga, agli acquerelli dei pugili e delle sculture.
Invece, vivere d’arte, potrebbe portare a tutte le costrizioni che ho appena elencato. Potresti arrivare ad un punto in cui non ti va più di creare un certo tipo di opere perché vuoi fare cose nuove però, se il pubblico chiede sempre la stessa tipologia di opere, sei obbligato a continuare su quella strada, se vuoi vendere. Potrebbe succedere anche il contrario, se il pubblico chiede cose nuove ma a te non vengono idee perché sei concentrato al 100% su quello che fai, devi agire! Per concludere, finché c’è sintonia tra la produzione artistica e le richieste del pubblico, va tutto bene. Il problema potrebbe nascere quando questa sintonia si rompe. Per me, indipendentemente dal guadagno, dalle richieste del pubblico ecc., un vero artista fa quello che gli va quando gli va.
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