Verdevivo il Trittico di Debora Malis
Debora Malis risponde alle domande sul suo trittico e sull’arte
Debora Malis è l’ultima artista che ha esposto a Trittico d’Artista Selezione personale di opere in mostra – II edizione nel mese di maggio. La sua esposizione Verdevivo, sarà presente alle Officine Beat di San Lorenzo, in Roma, fino a giovedì 13 giugno. Il 14 giugno, infatti, sarà la volta di Sei nell’arte, che prevede l’esposizione di tutti e sei gli artisti che quest’anno hanno esposto al Trittico. Si conclude così la staffetta di Trittico d’Artista, ideata e curata da Andrea Alessio Cavarretta, che vede la collaborazione tra tre entità vicine all’arte, quali Kirolandia, Officine Beat e CulturSocialArt, ma anche la presenza dell’attrice e presentatrice Stefania Visconti.
Ciao. Quali sono state le emozioni che ti hanno accompagnata nell’esposizione del tuo Trittico d’Artista?
Esporre è sempre emozionante perché nel lavoro artistico si racconta sempre, in modo più o meno diretto, di sé stessi.
Il tuo trittico si chiama Verdevivo. Che cosa lo caratterizza?
È un omaggio alla natura, interpretata come un luogo incantato, come rifugio.
A differenza degli altri artisti che hanno esposto fino a ora, tu hai presentato delle ceramiche, come sono nate?
Sono una ceramista, mi esprimo così, è la mia tecnica principale.
Come nasce la tua passione per la ceramica? Che cosa ti ha attratta in particolare di questo stile?
Amo la materia, il lavoro manuale. Mi sono appassionata alla ceramica popolare, alle sue forme bizzarre cariche di significati ancestrali e, nel tempo ho elaborato un mio stile mescolando tutti gli elementi che hanno concorso alla mia “educazione sentimentale” come l’illustrazione per ragazzi, l’arte pop e il surrealismo.
La ceramica è uno stile che troviamo in molte città perché ne caratterizzano la particolarità. Tu cosa pensi del lavoro del ceramista?
Ci vuole passione perché è un lavoro lungo, paziente, prevede dei tempi ai quali non siamo più abituati, ai giorni nostri si va sempre di corsa.
C’è qualcosa che vorresti creare con la ceramica che non hai ancora realizzato?
Si mi piacerebbe creare un’installazione con grandi sculture magari da collocare in un giardino.
Vivi a Roma, cosa credi che questa città, così pulsante d’arte, ti abbia dato e cosa pensi di poter dare tu a lei?
Come tutte le grandi città, Roma offre molti stimoli e, a ben cercare, si possono ancora trovare degli spazi in cui poter fare delle proposte culturali non commerciali, è quello che cerco di fare.
Il tuo lavoro non si ferma alla sola ceramica, all’argilla, ma hai studiato ed esplorato anche l’illustrazione, la grafica. Come hai affrontato queste tecniche? Che cosa ti hanno riservato a livello artistico?
Non sono una grafica, uso il computer in modo elementare ma mi piace disegnare, ogni tanto partecipo a qualche progetto con altri amici artisti ma più per divertimento e voglia di condivisione che per altro.
Altre volte il disegno mi serve per appuntare idee.
Il mondo dell’arte è un mondo particolare. Che cosa credi che rappresenti per chi si avvicina ad esso? E per te cosa rappresenta?
È uno spazio di espressione, più una necessità che una scelta.
Chi sono gli artisti che hanno ispirato le tue opere e in che modo lo hanno fatto?
Non credo ci siano degli artisti in particolare, nel tempo ci creiamo un bagaglio culturale che pian piano sedimenta e ci forma per poi riaffiorare tutto mescolato in ciò che si fa. Le mie passioni vanno dai Della Robbia ad Andrea Pazienza, da Federico Bonaldi a Blu, alcuni di questi ci influenzano più direttamente altri anche solo sentimentalmente.
Qual è lo stile che senti tuo e che racconti con le tue opere?
Mi viene naturale esprimermi in modo surreale.
È più facile lasciarsi ispirare dal momento o lavorare per commissione?
Senz’altro lavorare in libertà è preferibile per me.
Cosa significa per te, riuscire ad esporre in una galleria, museo, galleria?
È bello perché vuol dire che qualcuno ti dà fiducia, investe su di te.
Hai girato l’Italia e non solo. Che cosa hanno dato i tuoi viaggi alla tua arte?
È proprio durante i miei viaggi che ho sviluppato l’amore per la ceramica popolare. Ho iniziato a collezionare oggetti e a frequentare le botteghe di artigiani ceramisti dove ho appreso le tecniche della modellazione dell’argilla e a fabbricare oggetti al tornio.
In particolare in Veneto ho avuto modo di ammirare l’arte di Andrea Parini e di incontrare e visitare gli studi dei grandi maestri ceramisti che fra gli anni ’60 e ’70, con la loro genialità imponevano l’arte ceramica, relegata fino ad allora all’artigianato, come “arte alta”.
Parlo di Federico Bonaldi, Alessio Tasca, Pompeo Pianezzola… Ho avuto anche la fortuna di incontrare, tanti anni fa ormai, qui a Roma, Nino Caruso.
Come vedi, tu l’artista? Chi è e che cosa si porta dietro?
Come chiunque altro.
Cosa diresti a un giovane o una giovane che si avvicina all’arte? E in particolare a quella della ceramica?
Che avere una passione riempie la vita e quindi di farlo per passione e con serenità perché non è una scelta pratica.
Cosa pensi manchi all’arte e all’artista di oggi?
Soprattutto un contesto culturale fertile, mi sembra che i desideri della gran parte delle persone siano dirottati su consumi commerciali non culturali.
Grazie e in bocca al lupo!
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