25 anni dalla caduta del muro di Berlino

immagine da web
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Venticinque anni fa, grazie ad una folla spontanea e pacifica, cedeva il Muro di Berlino, finiva la cortina di ferro che aveva diviso la città in due e, al tempo stesso, lo stato tedesco in filo americani e filo sovietici. Fu un evento particolare quello che accadde il 9 novembre 1989, apertura della Russia all’occidente, fine della guerra fredda, distensione tra Nato e Patto di Varsavia, ma soprattutto fu la speranza a rianimare i cuori degli uomini, desiderio di una vita migliore non solo a livello economico, ma anche per la sicurezza, dopo anni di terrore nucleare.

Sicuramente quello fu uno dei momenti storici più importanti del mondo, dopo la seconda guerra mondiale. Prima di andare a ricordare cosa sia successo 25 anni fa, è bene ricordare come questo muro sia stato innalzato all’interno della città.

Sembra curioso, ma la costruzione del muro più discusso d’Europa, non avvenne, come molti credono, alla fine della seconda guerra mondiale. Nel 1945, alla fine della guerra, infatti, il territorio tedesco fu diviso in 4 parti, ognuna delle quali affidata alla gestione di una delle forze militari vincitrici: Stati Uniti, Russia, Francia e Inghilterra.

La Russia, che aveva subìto il più grande sacrificio di vite umane, aveva cominciato a dirigere la propria parte del territorio, come un prolungamento del suo predominio, gli USA invece, avevano compreso che la Germania poteva essere l’avamposto per contrastare la Russia e ricercavano alleati anche nel modo di governare quella parte della Germania che era stata destinata a loro. Ecco nata la guerra fredda. Anche se la vera divisione avvenne nel 1949, quando furono create due Germania, una sotto il dominio sovietico, l’altra sotto quello americano.

Durante la divisione la parte orientale non ottenne aiuti alla ricostruzione, al contrario a lei si chiedevano pagamenti per la riparazione ai danni subiti durante la guerra da parte della Russia, la zona occidentale, invece, ottenne aiuti per risanare l’economia e rimettere in piedi un paese distrutto dalla guerra. La divisione del paese, in quegli anni e fino agli anni ’50, permetteva ancora la fuga di famiglie da oriente a occidente e in molti approfittavano di queste opportunità per lasciare la parte orientale, soprattutto giovani laureati e operai specializzati che cercavano maggior libertà e una vita migliore. Questo preoccupò la Russia, che perdeva menti e manodopera per la ricostruzione ed ecco che nel 1961 venne innalzato un muro a Berlino.

Fu così che un muro venne innalzato a partire dalla mattina del 13 agosto del 1961, quando le forze armate russe cominciarono a innalzarlo dinanzi alle facce esterrefatte degli abitanti della città. Il muro lungo più di 155 km, divise famiglie, case, palazzi, madri dai propri figli e padri dalla famiglia. Chi si trovava a lavoro non poté tornare a casa, chi si trovava a scuola non ritornò in famiglia. Tutto venne diviso e i collegamenti interrotti dai militari.

Contemporaneamente anche i confini dei due stati tedeschi vennero presi di mira e i soldati sovietici ebbero l’ordine di sparare contro chiunque volesse abbandonare il territorio controllato dalla Russia. Con il passare degli anni il muro fu fortificato, venne messo del filo spinato ad alta tensione, vennero impiantate mine anti uomo, furono lasciati liberi cani che davano la caccia ai fuggitivi, furono impiantati anche dei macchinari che sparavano automaticamente contro ogni cosa che si muoveva.

In questo clima, però, avvenne un capovolgimento perché anche la Germania est cominciò il suo boom economico, diventando la nazione dell’est economicamente più forte.

Ma il desiderio di libertà non riusciva a fermare chi voleva passare dall’altra parte, soprattutto a Berlino, dove vivevano famiglie separate a cui era impedito di vedersi. Dalla Germania dell’ovest si poteva entrare ad est, dall’altra parte, invece era impossibile o solo con permessi speciali. A causa di queste restrizioni, in molti cercarono di fuggire. Si contano più di 100.000 cittadini della repubblica democratica tedesca che provarono a fuggire a ovest.

Più di 600 persone, ma il numero non è ancora certo, ci sono ancora delle indagini, persero la vita nel tentativo di passare in quella che era considerata la zona libera di Berlino, ma persero al vita anche 16 guardie mentre facevano il loro lavoro. Le finestre dei palazzi che si affacciavano sul muro vennero murate per impedire la fuga.

Il primo a morire nel tentativo di fuga fu Ida Siekmann che si lanciò dalla finestra del suo appartamento per oltrepassare la cortina era il 22 agosto del 1961 il muro non aveva ancora un mese. L’ultimo, invece, l’8 marzo del 1989 Winfried Freudenberg, aveva costruito una mongolfiera artigianale, caduta sul territorio di Berlino Ovest. Il primo a cadere invece, sotto i colpi sparati dai soldati di guardia fu Gunter Litfin nel 1968 e l’ultimo Chris Gueffroy nel 1989. Non solo giovani, ma anche donne e bambini che provarono a superare la cortina e a raggiungere la parte ovest della Germania.

La morte che inorridì tutti, perché avvenne dinanzi agli occhi dei media internazionali, fu quella di Peter Fechter diciottenne che il 17 agosto del 1962 fu ferito dai colpi di fucile e lasciato agonizzante dalle guardie di confine in quella che era definita la striscia della morte. Ad essere ricordata anche Marienetta Jirkowsky il 22 novembre 1980 uccisa con 27 colpi sparati dalle guardie di confine.

Altri, però, riuscirono a fuggire, prima con opzioni facili, come abbattere la barriera con auto, poi oltrepassandolo volando su fili elettrici o sotto terra, costruendo delle gallerie che li portassero dall’altro lato della città. Una vera ricerca di libertà e di sfida verso un regime, quello comunista, troppo proibizionista e ristretto.

Perché cadde il muro e perché nel 1989? Principalmente si possono riscontrare tre elementi fondamentali per la caduta del muro di Berlino in quelli che sono anni particolari per la vita degli stati dell’est Europa.

  1. Errore del governo della Germania Ovest che, nei primi giorni di novembre, in conferenza stampa annunciò che le regole per andare nella parte ovest del paese sarebbero cambiate. Questo animò gli abitanti dell’est che pensavano ad un cambiamento immediato. Errore che produsse un movimento spontaneo della gente stessa che voleva il cambiamento, ma un cambiamento totale.
  2. Il cambiamento attivo dell’est. Basta pensare alle votazioni del 14 giugno in Polonia con la vittoria di Solidarnosc, all’apertura delle frontiere dell’Ungheria verso l’Austria, alla dilagante presenza di tedeschi che dalla Germania Ovest si diressero verso l’Ungheria per passare la frontiera, ma furono ricacciati in dietro e si riversarono verso le ambasciate, costrette a promettere e aprire le frontiere se non volevano essere obbligati a fermare quella massa migratoria con le armi.
  3. Il terzo ed ultimo, ma non per importanza, fu la politica di Gorbaciov, presidente dell’Unione Sovietica. È lui l’uomo del cambiamento, con la sua politica di apertura e di non intervento nelle questioni dei paesi dell’est come era successo nel 1953. I paese dell’est dovevano risolvere le questioni da sole. In questo caso la voglia di libertà, di cambiamento, che si sentiva e vedeva nascere nei paesi dell’est, dilagò portando all’apertura delle frontiere e al rilascio della politica comunista. Da qui la possibilità di fermare la guerra fredda e cercare dialogo con tutte le altre nazioni soprattutto europee.

Ma anche la Chiesa fece la sua parte, con un lavoro che partiva dall’allora pontefice Giovanni Paolo II che aveva vissuto nello stato comunista polacco e da sempre aveva spinto verso la democrazia i paesi sotto l’egemonia sovietica. Con l’attenzione e la forza di lavorare all’interno dei paesi spesso ostili e dimostrando che il dialogo era possibile, con i fatti. Anche la Chiesa Cattolica, infatti, si aprì alle altre religioni ricercando dialogo e obiettivi comuni.

Il momento della distruzione del muro, fu un momento di gioia immensa da parte di tutti i cittadini berlinesi, che si riversarono per le strade e oltrepassarono la cortina senza che nessun soldato impedisse loro di farlo. Infatti il governo della Germania ovest si era dimesso e i militari avevano ricevuto l’ordine non sparare sulle persone, ma di lasciare andare tutti.

Le televisioni di tutto il mondo ripresero questo movimento spontaneo di gente scesa per le strade che cantava, si abbracciava, rideva, saliva sul muro o lo abbatteva e si ricongiungeva con parenti e amici che non vedeva da anni. Era cominciato il cambiamento, quello che avrebbe portato all’unificazione della Germania in un unico stato. Ma le speranze della gente non si fermavano alla sola unificazione.

Nel mondo la caduta del muro di Berlino sembrò l’occasione non solo per porre fine alla guerra fredda, ma anche per ricercare un mondo diverso. Le idee di creare un mondo che non si combattesse, ma che avesse come priorità il bene del pianeta, sembravano realizzarsi nell’immediato. La storia ci ha restituito altro, ma nei cuori di tante persone resta ancora accesa la fiammella della speranza che un giorno, non troppo lontano, davvero le guerre non saranno la priorità dei governi per risanare le economie e l’economia non sarà la priorità perché la felicità dell’uomo sarà l’impegno primario.

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Sissi Corrado

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