Alfredo Severino porta in scena Eduardo
Ditegli sempre di sì, dove la società descrive pazzia la libertà di essere ciò che si vuole
Il 7 settembre alle ore 21.30 andrà in scena Ditegli sempre di sì, lo spettacolo diretto da Alfredo Severino, per il Festival Teatrale Teatramm’ in scena al Teatro Marconi di Roma. Lo spettacolo di Eduardo De Filippo, vede in scena Gianni Pumpo, Alfredo Severino, Aurelio Natale, Giovanni Pacella, Mauro De Stefano, Romualdo Iltini, Alfredo David Severino, Pina Giglio, Pina Falco, Claudia Radicchi, Stefania Botta, Rosaria Casolaro, Olivera Jonovic, Andrea Baldassarre.
Il disegno luci è di Guido Gheraldini, i costumi di Marcella Manfredi, la scenografia di Alfonso Dell’Isola, l’organizzazione e produzione della Compagnia Esperienza Teatro APS. Il testo, una commedia famosa di De Filippo, parla della società sempre più egoista, capace di trasformare l’originalità in pazzia. Ne ho parlato insieme al regista Alfredo Severino.
A Teatramm’ portate in scena uno spettacolo di Eduardo De Filippo, Ditegli sempre sì. Che cosa vi ha spinti a sceglierlo?
Una società degradata e priva di valori sani e fondamentali dell’uomo di oggi si addice a perfezione il testo Ditegli sempre di sì, datata 1927 e in cui il più grande drammaturgo del ‘900 aveva visto con grande lungimiranza. La ragione a spingere la Compagnia a mettere in scena questo testo è in parte quanto anzidetto ed in parte a smentire tanti critici che descrivono Eduardo “pirandelliano” nella seconda parte della sua vita artistica. Già dai primi testi, come questo, traspare la consapevolezza di un genio innovatore del teatro del ‘900, in cui è alla ricerca di una nuova forma di fare teatro, portando in scena tutte le problematiche e la crisi d’identità dell’uomo contemporaneo.
La trama narra con convinzione, la pazzia degli uomini diventati troppo egoisti. Come si vive in questa follia?
La “follia”, tema dominante di questa trama, scaturisce dalla perdita fondamentale dei valori umani che non è solo dettato da egoismo e consumismo, ma da tante maschere che indossa ognuno di noi per “apparire” e non “essere”; sentirsi superiori agli altri fino a spingere i “sani” alla pazzia, generando un mondo ormai folle. Michele, il protagonista, uscito dalla Clinica, chiede continuamente agli altri una “normalità” che non troverà mai.
Cosa ama di questo testo e cosa, invece, avrebbe cambiato o non apprezza?
Nei 45 anni di Teatro, dove ho messo in scena testi di tanti autori (Neil Simon, Agata Christie, Plauto, Boccaccio, testi moderni, ma molti di Eduardo), questo lo amo immensamente. Viene fatto soltanto un adattamento in chiave moderna, compresa l’ambientazione, senza modificarne la sostanza e quindi i personaggi e la trama.
In scena un folto numero di attori, cosa ha chiesto loro?
Ai miei attori, tra cui alcuni debuttanti, ho chiesto sempre di calarsi al massimo nei “personaggi”, rendendoli molto credibili e senza forzature, tale da entrare ed interagire in un gioco teatrale, emozionando e divertendo il pubblico.
Oggi, nel terzo millennio, come si può leggere un testo del genere? Cosa può comunicare alla società odierna? E la società è cambiata?
Nel terzo millennio, con una società molto cambiata, questo testo dimostra tutta la sua attualità. Eduardo aveva visto con grande anticipo la crisi d’identità dell’umanità fino a spingersi alla follia.
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