Chiesa e donna nel corto L’Immacolata

La donna immaginaria, si rivela nella realtà della vita

Sabato 20 a InCorti da Artemia, L’Immacolata, scritto e diretto da Maria Porzio, interpretato da Antonietta Porzio e Osvaldo Scognamiglio. Il corto parla della Chiesa e della donna, questo difficile, intenso, contrastato rapporto fra queste due componenti sempre più simili ed opposte. A raccontare il corto la stessa autrice e regista, Maria Porzio.

Salve. Perché vi siete iscritti a InCorti da Artemia?

Rassegne come questa offrono, a chiunque ami il teatro, la possibilità di confrontarsi e mettersi in contatto, divertendosi e sperimentando insieme.

Cosa vi aspettate dal festival?

Niente di più di quel che già stiamo constatando: Artemia è una realtà che mette gli artisti al centro e permette loro di crescere nel confronto costante e reciproco. Non vediamo l’ora di conoscere i nostri compagni di viaggio di persona, per mettere la nostra esperienza al servizio degli altri e apprendere da loro tutto quel che vorranno donarci.

Parliamo del vostro corto incentrato sul rapporto Chiesa e donna, come avete incentrato questo tema nel corto?

Abbiamo cercato di farlo nella maniera più sincera possibile, scendendo dal teorico al reale, dall’universale al particolare. Per quanto, infatti, la donna presente in scena rappresenta un’Eva, una Maria Maddalena, una donna X di un momento non precisato, in realtà dalle sue parole si può cogliere una storia singola e personale: la storia di una ragazza di un quartiere popolare di Napoli che, appena comincia a sperimentare i piaceri del sesso, inizia a vivere il senso di colpa. Dal rifiuto di questa sensazione, dal bisogno di non sentirsi più sbagliata e impura, il distacco da sua madre, dalla Chiesa.

Perché avete scelto di affrontare una questione così lunga e dibattuta?

Il corto è nato in un momento specifico della mia carriera, non d’autrice ma di docente alla scuola superiore. In occasione dell’8 marzo mi sono trovata, in una classe a maggioranza femminile, a parlare della Vergine Maria. E ho parlato, in quell’occasione, di verginità, purezza, assenza di peccato. Subito dopo aver concluso quella lezione, guardando le mie studentesse, una parte di me si è sentita colpevole.

Avevo raccontato loro di una donna che era nata senza peccato, e nel farlo, mi sembrava di aver detto loro che, al contrario della madonna, in loro non c’era bontà, verginità e purezza: se nessuna di loro era la madonna allora nessuna di loro era nata senza peccato. È bastato questo seme di senso di colpa a far nascere in me la voglia di dire alla madonna alcune cose che pensavo. Da figlia a madre, con paura e confusione, voglia di far pace e di sentirmi giusta, per me e le ragazze che avevo avuto la fortuna di incontrare come mie studentesse.

Quali sono le caratteristiche con le quali le donne vengono viste all’interno della Chiesa?

La Chiesa ha fornito una varietà di descrizioni femminili molto diverse tra loro: da Eva peccaminosa, a Maria Vergine e pura. Certo, anche per quanto riguarda la figura della madonna, gli attributi a lei affibbiati sono cambiati nei secoli. Prima del 1854 e di papa Pio IX non esisteva il dogma dell’Immacolata concezione. È solo con la bolla Ineffabilis Deus che Maria viene raccontata come immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento. Molto più antico è invece il dogma della Verginità Perpetua: lo si trova già nei Padri della Chiesa e viene ufficializzato nel 553, al secondo Concilio di Costantinopoli.

Chi sono e cosa rappresentano i due personaggi del corto e come li avete preparati?

La Chiesa e al tempo stesso una madonna nera, una madre, in cui il fedele spera di trovare pace; nell’abbraccio di Maria e in un altare ornato. Ad interpretarla, sotto gli abiti spessi, un uomo dall’aspetto tetro e voce roca, simbolo della trascuratezza di una madre abbandonata dai suoi figli. La Chiesa, che somiglia a tutti gli effetti ad una madre napoletana, dei bassifondi: partorisce una bambina e la bacia carnalmente; l’allontana per farle muovere i primi passi; le fa il bagno e vigila sulla sua igiene; la vede giocare dal balcone con gli altri bambini; le intima di tornare a casa prima che il padre torni. Madre si, ma anche giudice, che dall’alto veglia e osserva il suo frutto sbagliare, marcire, piegarsi alle lussurie del peccato e poi implorare perdono e redenzione.

Accanto a lei, la donna. Questa compare in scena con solo un drappo a coprirla, come una moderna Eva privata del senso del pudore. In lei non c’è mai innocenza, neanche dal principio, perché solo la vergine è nata priva di peccato. In lei c’è ribellione, forza, bisogno di sentirsi ascoltata, guardata, ricerca dell’accettazione, dissidio interiore, in un vortice di emozioni incontenibile, che non lascia tregua.

Non è stato facile affrontare questi personaggi, non è stato facile ritrovare la tradizione, riassaporare la lingua madre, farsi portavoce di una storia così universale. La voce, strumento di rivolta, si spezza sempre alla fine del corto, a testimoniare le urla del mondo contro un Dio che troppe volte non ascolta. Il cuore assume una melodia tutta sua, in un canto che ha coinvolto noi fin dalla prima volta e che speriamo tocchi le corde della vostra anima.

Grazie e in bocca al lupo!

Grazie a voi e in bocca al lupo a tutti gli straordinari colleghi!

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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