Emancipazione femminile e omosessualità

Il mio posto è qui racconta l’amicizia tra una giovane ragazza madre e un omosessuale

Il sud Italia, in questo caso la Calabria degli anni ‘40 fa da contorno alla storia di Marta (Ludovica Martino), giovane madre single dell’epoca, considerata peccatrice e ragazza di facili costumi per aver ceduto all’amore del suo fidanzato, partito per la guerra. Eppure quell’amore così puro e romantico, apre il film stesso, raccontando i sogni di due giovani vite.

Da quell’unione è nato un bimbo che la ragazza cresce e ama incondizionatamente. Ma la sua vita non è semplice. Marta vive in un piccolo paese dell’entroterra calabro dove la guerra è vissuta tra gli stenti, la ricerca continua di cibo e la paura dei bombardamenti, annunciati dalle sirene che incombono durante la notte. Le scene dei compaesani che si rifugiano in chiesa, sperando che questa si riveli il rifugio ideale, ma anche la condivisione delle paure, delle risorse, come la donna del mercato che, consapevole del piccolo che lei cresce, per offre del cibo, stridono con la realtà del pensiero sociale dell’epoca.

Marta non sarà mai considerata una brava ragazza, perché ha fatto l’amore prima del matrimonio, rimanendo incinta e il suo fidanzato è morto in Francia, combattendo per il Duce. Ma, nonostante ciò, si considera fortunata perché vive in famiglia, i suoi non l’hanno ripudiata e cacciata da casa. La ospitano, anche se non le riservano atteggiamenti accomodanti, anzi, le fanno pesare, non solo a parole, il fatto di dover sfamare una bocca in più, di essere sulla bocca dei compaesani, di evitare alla secondogenita, un matrimonio rispettabile. È frustrante vivere in questo modo quando lei vorrebbe realizzare altro.

Quando poi arriva la proposta di matrimonio da parte di un vedovo, le cose cambiano. La famiglia vede in questa unione un modo per riscattarsi dall’onta ricevuta. Marta, però, pensa che quel matrimonio potrebbe darle la possibilità di lavorare, di fare cose diverse da quelle che fa a casa. Potrebbe, ma non è questa l’idea dell’uomo che cerca una donna che le curi la casa, faccia crescere le sue due figlie e che accudisca lui in ogni sua necessità.

Chi invece comprende le vere intenzioni di Marta è Lorenzo (Marco Leonardi), il sacrestano omosessuale che aiuta il parroco. È lui, infatti, che si occupa di preparare la chiesa per le spose. Nessun fidanzato si opporrebbe, data la sua tendenza sessuale e le donne lo trovano interessante perché ha vissuto nella grande città, Torino, anche se non mancano di prenderlo in giro, naturalmente quando è assente. Tra i due nasce una profonda amicizia che li porta a comprendersi e confidarsi l’una con l’altro. Il loro rapporto sembrerebbe nascere tra persone messe in disparte dalla società calabra del tempo, ma potrebbe essere qualsiasi paese d’Italia e del mondo, perché una è ragazza madre, l’altro un omosessuale riconosciuto.

Ciò che traspare dal film è la descrizione senza mezze misure dei comportamenti delle persone del secondo dopoguerra, dove l’apparenza della famiglia, degli uomini in particolare, è fondamentale per comandare. La donna, invece, subisce in silenzio le parole, le azioni di questi uomini violenti, patriarcali e decisi a comandarle, perché soggetti che devono accudirli. Qui la violenza verbale e fisica è ben evidente e raccontata, anche in presenza del piccolo, che, per fortuna, viene allontanato dalla sorella minore al clou della scena.

Rivedendo le scene del film scritto e diretto da Daniela Porto e Cristiano Bortone, ispirato al libro della stessa Porto, ci si chiede quanto è cambiato dal secondo dopoguerra ad oggi per la figura femminile e anche per quella maschile. Quanto del maschilismo, patriarcato e della concezione della società sia migliorato, se, ancora oggi, ci si ferma a parlare e a discutere su temi che dovrebbero essere ormai assimilati. Le scene narrate sono simili a tante altre di cui si sente parlare oggi, che portano alla violenza sulle donne. Lo stesso dicasi della posizione degli omosessuali, in particolare nei piccoli centri, che resta sempre oggetto di prese in giro e violenze.

 

Oltre ad un’attenta sceneggiatura molto realista ma anche poetica, bisogna complimentarsi con gli attori, tutti, in particolare con i due protagonisti che reggono la storia anche grazie alla loro presenza scenica e la loro bravura. Ludovica Martino è Marta, è la giovane donna che cerca il riscatto, è la madre amorevole e decisa a cambiare la sua vita, è la ribelle che non accetta la condizione femminile. È la donna che osa ribellarsi e lotta con tutte le sue forze per ottenere una vita migliore per sé e per suo figlio. Ed in tutte queste sfaccettature, si dimostra all’altezza della situazione. Grazie a questo ruolo Ludovica Martino ha vinto il Premio Mariangela Melato al Bari International Film Festival 2024.

Marco Leonardi è Lorenzo. È l’omosessuale che non ha timore di essere sé stesso. È l’uomo che conosce i segreti del paese e in particolare degli uomini, che sa nascondere le verità, che non ha intenzione di vendicarsi dei torti subiti, che sostiene la sua amica, aiutandola nella sua emancipazione. È il vero amico, quello che non si aspetta nulla in cambio, deciso a sostenerla in tutto e per tutto. Il loro legame rappresenta il rapporto più forte ed intenso del racconto.

Una delle caratteristiche che si apprezzano del film, sono le scene che raffigurano i paesaggi calabri, i silenzi, mai pesanti. Questi si amalgamano all’interno della storia, divenendone parte essenziale, come la lunga camminata che fa Marta per raggiungere a piedi la casa dell’uomo che l’ha chiesta in moglie.

Il film italiano, riesce ad emozionare, a far riflettere sulle tematiche raccontate, in maniera coinvolgente, dove intenso resto lo sguardo dell’attore che è capace di raccontarne i sentimenti. Sarà anche per questo motivo che è stato premiato al Bari International Film Festival con il Premio Giuliano Montaldo per la miglior regia andato alla coppia formata da Daniela Porto e Cristiano Bortone.

Molto consigliato, al cinema dal 9 maggio.

Titolo: Il mio posto è qui

Paese: Italia

Anno: 2024

Genere: Drammatico

Durata: 110 min

Regia: Daniela Porto e Cristiano Bortone

Attori: Ludovica Martino, Marco Leonardi, Anna Maria De Luca, Bianca Maria D’Amato, Giorgia Arena, Francesco Aricò, Adele Bilotta, Saverio Malara, Francesco Biscione, Antonio Sgrò, Gianvincenzo Pugliese, Ivan Maria Artuso, Francesco Aiello, Edoardo Malerba.

Sceneggiatura: Daniela Porto e Cristiano Bortone

Scenografia: Alessandra Mura, Paola Zamagni

Fotografia: Emilio Costa

Montaggio: Claudio Di Mauro

Musiche: Santi Pulvirenti

Costumi: Cristiana Ricceri

Trucco: Jenny Zuccaro, Massimo Allinoro

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Sissi Corrado

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