Gaetano Lolli racconta Il cerchio dell’acqua
Il lago Fucino è il narratore di una storia millenaria
Il cerchio dell’acqua è il primo romanzo di Gaetano Lolli per Leonida Edizioni. A prendere forma, ma soprattutto vita, all’interno del romanzo, il lago Fucino, che nel prologo del libro, parla al lettore, presentandosi come colui che ha a che fare con l’uomo perché custode di storie che lo riguardano. Sarà il Fucino, infatti, a raccontare gli eventi che ha vissuto insieme alle persone.
Ho approfondito la conoscenza del libro insieme all’autore Gaetano Lolli, ingegnere e scrittore, che ringrazio per essere qui, sulle pagine di CulturSocialArt.
Salve, com’è nato il libro Il cerchio dell’acqua?
Da sempre sono un appassionato cultore della storia della mia terra, essendo poi curioso di natura, non potevo non approfondire le vicende che l’hanno resa un unicum a livello mondiale, raccogliendo nel corso degli anni tanti libri a riguardo, anche molto rari. Il mio romanzo nasce per raccontare la mia terra appunto, la sua storia così unica e a tratti incredibile. L’idea di partire da lontano, dalla preistoria nientemeno, è stata una naturale conseguenza della mia volontà di far capire come da sempre il territorio che vivo è condizionato dalla presenza o dall’assenza di questa grandissima massa d’acqua che prende il nome di Fucino.
Le montagne, che cintano il contorno verso il cielo a questo sconfinato altopiano di 700 metri di altezza e di 14mila ettari di estensione, sono dentro il mio sguardo più di qualsiasi altra immagine; per dirlo con un esempio matematico sono il mio “campo di esistenza”. Il Fucino, con la sua origine, per la natura stessa che lo costituisce, mi aiuta a spiegare meglio quell’attaccamento unico e del tutto particolare che noi Marsi, che da millenni ne abitano il perimetro, abbiamo per la nostra terra: Fucino è terra sottratta all’acqua, qualcosa che nasce da una privazione.
Perché far parlare il Fucino, renderlo il personaggio principale e in particolare renderlo umano?
Per rispondere a questa domanda cito l’inizio del prologo del mio romanzo: “Mi presento, sono il Fucino, altro non importa aggiungere. La mia è una storia millenaria, iniziata nei meandri del tempo, ma posso dirvi questo: tutto ciò che di rilevante mi riguarda ha a che fare con l’uomo”. L’umanizzazione del lago quindi è stata quasi una naturale conseguenza, per via appunto dei rapporti che il Fucino ha avuto con l’uomo stesso, rapporti che più volte hanno subito radicali trasformazioni.
Nel “Cerchio dell’acqua” il lago Fucino è il vero protagonista indiscusso del territorio, diventa l’io narrante della propria esistenza guidando il lettore attraverso le varie epoche storiche. Il lago si presenta come un testimone silenzioso e potente delle vicende umane che si sono svolte lungo le sue rive e diventa punto di convergenza e personaggio centrale della narrazione. Attraverso i pensieri e i sentimenti del Fucino emergono riflessioni profonde sulla condizione umana e sul rapporto millenario dell’uomo con la natura unica della mia terra.
La storia è parte fondamentale del libro, cosa l’ha spinto a scegliere gli eventi raccontati all’interno? Qual è stato il loro fil rouge?
Come ho già detto sono un grande cultore della storia della mia terra, fin da subito più la studiavo, approfondendo le vicende e le particolarissime dinamiche che l’hanno caratterizzata, e più nasceva in me il desiderio di scrivere a riguardo. Scrivere di ciò che si conosce però impone imprescindibilmente uno studio delle fonti meticoloso, nonché la comprensione della storia di un territorio, ma è a questo punto che ho preso una scelta caratterizzante per il mio romanzo che appunto è stata una specie di fil rouge (oltre ad un qualcosa di ben tangibile che non posso anticipare). Dato che scrivere di personaggi storici realmente esistiti porta ad una fisiologica conseguenza: quella di immaginare i loro sentimenti, il loro modo di pensare, tutti aspetti che non si possono leggere nei libri di storia, ho deciso che era necessario inventare quei personaggi minori di cui le fonti non parlano. La storia, infatti, è composta da tantissimi episodi, aneddoti e fatti accaduti a persone comuni che vivevano quel determinato periodo storico, ed è anzi proprio grazie a questi accadimenti, alla somma di queste piccole storie, che possiamo comprendere appieno e davvero la grande Storia, quella con la “s” maiuscola.
Capita spesso che ci si fermi ad osservare le acque del mare, di un fiume, di un lago o ruscello e si cominci a riflettere. Secondo lei perché?
Semplicemente perché difronte a queste viste ci sentiamo sempre incompleti, piccoli; anche il Dio Fucino non è stato immune da queste riflessioni e lo spiego con le sue stesse parole: “A volte mi sorprendo nella mia immobilità ad osservarmi, o meglio ci provo, perché fermo non posso stare. Le piccole onde, pure quando non c’è brezza, sono il mio respiro. Accade sempre al tramonto o all’alba: vedo la luce del sole che attraversa la mia acqua, il mio cielo. Distinguo i riflessi subacquei dei raggi luminosi che solo io posso cogliere. Cerco di meravigliarmi nello spazio che mi compete fino al bordo finale, al pelo superficiale delle mie acque che mi separa dal cielo; ma ogni volta che arrivo a questo confine mi rendo sempre più conto dell’immensità della volta celeste rispetto a me”.
La natura spesso prende forma umana nei libri di fantasy, nei racconti per bambini, uno scrittore quanto deve conservare del suo essere bambino, della fantasia?
La fantasia è tutto per uno scrittore, anche perché quando si è davanti al foglio bianco con la penna in mano (per me scrivere a mano è imprescindibile) non si ha nulla difronte ai propri occhi e si scrive di ciò che abbiamo in testa, di quello che ci immaginiamo appunto, oltre ovviamente di ciò che vediamo nel quotidiano. Conservare poi la curiosità tipica dei bambini, domandandosi sempre “perché?”, è fondamentale per me nel processo creativo della scrittura degli aspetti più complessi, mi aiuta a rendere chiare e ad approfondire le cose che scrivo.
Come si coniuga il suo lavoro di ingegnere edile, architetto, con quello di autore?
Io ho sempre voluto fare l’ingegnere, fin da bambino alla solita domanda “che vuoi fare da grande?” rispondevo ogni volta che volevo costruire le case, quindi si intuisce facilmente l’attaccamento che ho per il mio lavoro, e si può altresì intuire quanto un lavoro del genere fagociti tanto del tuo tempo. Questo però non risulta un impedimento a coltivare la mia passione per la scrittura, e ho scelto di proposito la parola passione, perché questo sentimento è un qualcosa di cui senti fisiologicamente di avere bisogno, può passare del tempo senza che scrivi (mai troppo però, questo è fondamentale, scrivere anche poco serve) ma poi per me arriva sempre la necessità di scrivere, è una pulsione della quale non posso fare a meno. Il mio essere ingegnere poi mi porta ad avere un approccio alla scrittura molto razionale, non si evince forse esteriormente nel risultato finale ma nel processo creativo è presente.
Da cosa si lascia ispirare prima di cominciare un romanzo o racconto?
A volte trovo l’ispirazione semplicemente andando senza meta a motorare come dico io, cioè andando in giro con la mia Jeep d’epoca senza una destinazione precisa, seguendo la strada che il più delle volte mi porta verso le montagne dove poi proseguo a piedi, e lì tra le tante idee che ho in testa, una di solito prende il sopravvento. Molto più spesso invece l’ispirazione nasce da piccoli dettagli, sia da cose che vedo da attento osservatore esterno, che da cose che vivo in prima persona; in entrambe le occasioni non mi serve iniziare subito a scrivere, ho una memoria fotografica molto sviluppata, aspetto che l’idea si sedimenti nei miei pensieri e poi inizio a scrivere.
Come vive il mondo della scrittura ogni giorno?
Ho detto che scrivere è una passione per me, ma la vita quotidiana lavorativa risucchia tanto del mio tempo, anche perché come dice Paolo Zardi, uno dei miei scrittori preferiti, nonché ingegnere anche lui, l’ingegnere mantiene lo scrittore mentre lo scrittore fa divertire l’ingegnere. Nella vita di tutti i giorni fortunatamente però, almeno per me, non ho un solo luogo preciso dove scrivere, riesco a farlo nei posti più disparati a patto che riesco un po’ ad isolarmi. C’è da dire che le bozze di certi ragionamenti, le intuizioni le posso scrivere sul mio fedele taccuino pressocché ovunque, ma quando c’è da buttare giù più pagine continuative ho il mio posto, ed è il mio studio anzi il mio studiolo come lo chiamo io, il mio intimo ambiente dove mi rintano a scrivere, dove ci sono libri ovunque e lo scrittoio è sempre pieno dei miei taccuini che si accumulano in attesa che trascrivo e implemento tutto scrivendo sempre rigorosamente a mano.
E come vive, invece, il rapporto con i lettori?
Prima di tutto è doveroso da parte mia dire che il superamento, dopo la prima pubblicazione, di accettare di essere letto da altri, non è stato assolutamente scontato, perché scrivere è un po’ come mettersi a nudo, facendo vedere a tutti come si ragiona a cosa si presta attenzione. Tutto questo è stato reso possibile proprio grazie ai miei lettori, alle loro testimonianze che numerose si sono susseguite specialmente nelle presentazioni dal vivo che ho fatto nel corso del tempo. Vedere il trasporto, a volte anche la commozione negli occhi della gente è stato un qualcosa di unico. Vivo in una realtà di provincia e mi capita di essere fermato da persone che non conosco che mi dicono di aver letto il mio libro, e ogni volta per me è un onore; altre volte invece, miei lettori che già conosco mi chiedono quando uscirà il prossimo libro e questa attestazione di fiducia è per uno scrittore pura ambrosia.
Prima di salutarci, ci confida qual è il suo sogno nel cassetto?
Coltivo più di un sogno nel cassetto, anche perché ci sono tantissimi aspetti della vita che tutti noi desideriamo di vivere al massimo; per rimanere in tema autoriale, non vorrei risultare pleonastico, ma sogno di poter far suscitare nei miei lettori sempre sentimenti e pensieri particolari. Pensare che una persona nella propria libreria di casa possa anche solo fare un sorriso quando rivede o prende in mano un mio libro è un piacere immenso.
Questo sogno comunque non è l’unico, come diceva Walt Disney Se puoi sognarlo, puoi farlo e quindi pensare di poter vincere un giorno un premio letterario importante, anzi il premio per antonomasia, e non serve che lo dico, è appunto un mio sogno.
Grazie per essere stato con noi e in bocca al lupo!
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