La periferia tra finta accoglienza e solitudini umane

 

Uno spettacolo divertente che pone l’accento su temi attuali quali immigrazione e razzismo

Al Teatro 7 di Roma in scena fino al 26 novembre, lo spettacolo Ben Hur – Una storia di ordinaria periferia, di Gianni Clementi con Andrea Perrozzi, Alessandro Salvatori, Elisabetta Tulli, regia di Vanessa Gasbarri.

La location dello spettacolo è Roma, una città dalle due facce, da una parte l’accoglienza, l’aiuto, dall’altra invece, quelle dinamiche che ci spingono a respingere chi è arrivato in cerca di lavoro, di una vita migliore. Siamo in periferia dove si incontrano tre persone. Le prime due sono Sergio (Andrea Perrozzi) e Maria (Elisabetta Tulli), fratello e sorella che sbarcano a fatica il lunario, tra le mille difficoltà della vita, tra cui la carente salute di Sergio. A questi si aggiunge Milan (Alessandro Salvatori), originario della Bielorussia, con una grande voglia di lavorare e guadagnare per aiutare la sua famiglia rimasta nel paese d’origine.

Quando quest’ultimo, infatti entra nelle loro vite, il loro tenore cambia. Milan riesce a svolgere più lavori e guadagna molto. Maria offre a lui un posto in casa perché non ha dove dormire, mentre Sergio ne approfitta per sfruttarlo e guadagnare sul suo lavoro. Nella povertà materiale più assoluta, si evidenzia anche quella umana. Se all’inizio è Maria a provare sentimenti di compassione, per Milan, successivamente le parti si invertono. Dal canto suo Milan resta sempre legato ai suoi sogni, alla sua voglia di fare, di migliorare e migliorarsi, cercando di inserirsi in quella piccola società. Fa l’imbianchino, il centurione, nonostante sia ingegnere, espone idee per guadagnare, che Sergio accoglie volentieri. Aiuta anche in casa non disdegnando nessuna incombenza, mentre Sergio e Maria cominciano a godere dei guadagni dell’uomo.

Ma le cose non vanno sempre come vorremmo e le dinamiche sono sempre suscettibili a repentini cambiamenti che trasformano le vite, in particolare dei protagonisti.

La pièce è un insieme di drammatiche sequenze e irriverenti, ironiche e divertenti scene che fanno sorridere il pubblico, mentre si approccia ad una riflessione ben più attenta. Lentamente si apre una finestra cruda su temi attuali e molto discussi, quali l’immigrazione, le modalità dell’accoglienza, il razzismo, la solitudine umana, tutte quelle differenze che il mondo non vuol vedere, ma che ci accompagnano inesorabilmente ogni giorno.

In questo ambiente scarno, come lo è la prima scenografia dello spettacolo, dove la povertà economica la fa da padrona, si sente forte anche quella umana, che resta presente nella seconda parte della pièce, quando la povertà economica lascia il posto a una vita più agiata, ma non riesce a subentrare anche in quella umana.

Il racconto duro, reso in quel senso anche dalle parole di Sergio e Maria, si scontra nella fantastica visione di Milan, che crede ancora in un’umanità che sappia accoglierlo, che lo faccia donandogli i giusti diritti che gli spettano. E se da un lato l’autore vuol far riflettere sulle mancanze umane, dall’altro riesce ad esprimere tutta la crudeltà dell’essere umano.

In scena gli attori si adoperano con bravura riuscendo a far arrivare sensazioni ed emozioni e giocando con il pubblico, mentre passano da una battura allegra alla cruda tragedia. Si percepisce ogni parola e se ne seguono con attenzione i movimenti. Si nota la complicità degli attori che restano fedeli al loro personaggio, riuscendo a trasmetterlo in ogni sua sfumatura.

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Sissi Corrado

Responsabile del Blog Interessi tanti: lettura, scrittura, teatro, cinema, musica, arte, collezionismo, sociale, ecc.

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