Siamo tutti migranti

“siamo tutti migranti su questa terra, dipende solo da che parte del mondo siamo nati”

Salvare, accogliere, integrare, legiferare. Quattro azioni che hanno trovato sintesi nell’incontro in occasione della “Giornata della memoria e dell’accoglienza”, che cade ogni anno il 3 ottobre, organizzato dal Comune di Labico in collaborazione con APS Socialmente Donna. All’incontro hanno partecipato Giovanni Cometto (attivista di Mediterranea, il salvare), Valerio Bevacqua (Baobab Experience, l’accogliere), Antonella Tornatore (Caritas Diocesana, l’integrare), Marta Bonafoni (consigliera regionale, il legiferare). Erano, inoltre presenti, il presidente di Aps Socialmente Donna Argia Simone, il sindaco di Labico Danilo Giovannoli, Benedetto Paris assessore alle politiche sociali.

Quattro azioni, dicevamo, che ben sintetizzano il lavoro che sul tema “storico” delle migrazioni, da nessuno considerato un’emergenza, volontari e istituzioni da tempo sono impegnate, tra difficoltà legislative, ostacoli politici e culturali, a portare avanti nonostante una narrazione che vede nel migrante un “invasore”, colui che vuole “sostituire la nostra cultura europea e cristiana”, un possibile concorrente sul mercato del lavoro….

L’esperienza dei volontari di Mediterranea e di Baobab, discende da una precisa scelta di campo “stare dalla parte degli ultimi, di chi soffre, di chi è considerato uno scarto sociale, una vita a perdere”, che li ha portati in mezzo al Mare Mediterraneo a salvare vite umane e una volta, sbarcati in Italia, venire accolti da quelle realtà del volontariato sociale, che molto spesso fanno da supplenza alle carenze, non si sa quanto volute, dello Stato.  Il volontario di Mediterranea ha sfatato la “favola” dei finanziamenti (dalle elite mondiali, da Soros, dall’ISIS…) per dirci che la nave è stata acquistata per 400.000 euro con un finanziamento concesso da Banca Etica, su garanzie personali dei volontari, che hanno impegnato i loro averi per una causa che ritenevano utile, e da qui è nata una rete di solidarietà che va oltre i confini dell’Italia……un tempo l’avremmo chiamato “internazionalismo”, un concetto ormai diventato desueto anche nel campo della sinistra tradizionale.

I volontari del Centro sociale Baobab che lavorano dal 2015 accanto ai “dannati della terra”,  per riprendere il bellissimo titolo di un libro di Franz Fanon, pubblicato nel 1961, e che nonostante sgomberi, perquisizioni, identificazioni continuano la loro opera di solidarietà allestendo punti di accoglienza e orientamento in una città come Roma dopo viaggi nell’inferno del deserto e dei lager libici. Dal primo centro di accoglienza di via Cupa nel 2015, a cui si sono susseguiti diversi sgomberi, fino all’ultimo di piazzale Maslax, dedicato a Maslax Maxamed, un giovane etiope di 19 anni, che dopo diverse traversie tra il Belgio e l’Italia, si è tolto la vita in un parco pubblico di Pomezia, uno dei tanti suicidi, perché come scriveva Fanon “…è negazione sistematizzata dell’altro, decisione forsennata di rifiutare all’altro ogni attributo di umanità” che costringe l’emigrato “…..a porsi continuamente la domanda: “Chi sono io in realtà?”.

La Caritas svolge una funzione di integrazione sul territorio attraverso i suoi punti di ascolto e centri di assistenza (cibo e vestiario, e spesso un luogo dove dormire e lavarsi) che vuol dire avvio alla lingua italiana, alla conoscenza dei diritti e doveri, avviamento, quando possibile, al lavoro.

Marta Bonafoni, consigliera regionale per la lista Zingaretti, ha raccontato di un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale, ma che trova un particolare radicamento nelle piane agricole pugliesi e in quelle laziali (Fondi, Latina), quello che, come fosse una malattia sociale, viene definita “la piaga”  del caporalato.

Bonafoni è stata la prima firmataria di una legge regionale, insieme a Paolo Ciani,  Democrazia Sociale, e Alessandro Capriccioli,  radicale, che colpisce la figura del “caporale” e di chi alimenta un sistema di sfruttamento al limite dello schiavismo.

La legge non ha solo una funzione repressiva del caporalato, ma introduce anche un approccio sociale valorizzando le associazioni del terzo settore (cooperative, associazioni di volontariato) attraverso percorsi di formazione  e informazione (dalla conoscenza dell’italiano, a quella dei propri diritti, buste paghe e contratti) o molto più banalmente come ottenere la carta d’identità che costa dai 15 a 20 euro e non 800 come è successo in provincia di Latina, dove 400 andavano al caporale e 400 al funzionario comunale.

Hanno fatto da sfondo all’incontro i disegni di Francesco Piobbichi,  l’operatore di Mediterranean Hope e autore del libro “Disegni dalla frontiera”,  che con i suoi disegni a pastello racconta la frontiera “disegno i fili spinati cuciti sull’anima dei migranti”, come quel Cristo crocefisso su di un mare, trasformato in un cimitero dell’indifferenza, che fa chiamare la morte in mare di migliaia di esseri umani “tragedia” ma che invece dovrebbe essere chiamata per quello che è “un crimine contro l’umanità” che non vediamo per indifferenza, quell’indifferenza che Gramsci definisce “il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza”.

Una indifferenza che fa del Mar Mediterraneo un “cimitero marino” dove molti hanno trovato la morte, altri “i fortunati” a rischio della propria vita, affrontando prima il deserto e poi la traversata del Mediterraneo, giungono da noi non certo per venire a “rubare” (il lavoro, i nostri beni, la nostra sicurezza) nel nostro paese, ma perché nei loro paesi destabilizzati da improvvide guerre, con conseguenti violenze e violazioni dei diritti umani, volute molto spesso da noi occidentali, la situazione non garantisce più quel minimo di vivibilità che fa di un essere umano una persona con i suoi diritti e doveri.

Sul tema delle migrazioni, così come del nostro sguardo sulle tante diversità, tornano utili le parole  di Luca (12, 49-53): “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione”. In poche righe Gesù ci da, per usare un termine di una stagione cara a molti di noi, “la linea”.

Tradotto nel linguaggio di oggi ci dice che è il “conflitto” quello che regola i rapporti tra gli uomini, e che il suo messaggio non porta “pace” ma fa esplodere le “differenze”, ci fa essere “partigiani”, un messaggio che ci dice che non possiamo stare alla finestra a guardare ma dobbiamo scendere nelle strade della vita e lottare e lottare da “partigiani” che hanno scelto da che parte stare, sottraendosi all’omologazione del pensiero unico, del consumismo, dell’egoismo. Dobbiamo scegliere da che parte stare, dalla parte del torto, dalla parte dei poveri, dei senza lavoro, dei migranti (di tutti i migranti), degli scarti che non hanno dalla loro, ricchezza, efficienza e abilità.

Gesù viene per accendere il fuoco sulla terra, per dirci che non ci dobbiamo fare servi di una maggioranza o farci guidare da un algoritmo. Dobbiamo rimanere bambini sognatori e guadare oltre le apparenze e le false verità.

La differenza decisiva non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa» (Carlo Maria Martini). 

SIAMO TUTTI MIGRANTI SU QUESTA TERRA

DIPENDE SOLO DA CHE PARTE DEL MONDO SIAMO NATI

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Roberto Papa

“Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati”. (Bertold Brecht)

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