Testimone d’accusa uno spettacolo giallo
Al Quirino l’atto di accusa di Agatha Christie
Testimone d’accusa è considerato il dramma giudiziario migliore. Scritto da Agatha Christie, considerata la regina del giallo, non si basa sulla psicologia dei personaggi, sulle loro motivazioni e sulla gestione dei sentimenti, quando in un ingranaggio perfetto delle situazioni che si susseguono. In questo modo si lascia lo spettatore (ma potremmo dire anche il lettore) sempre sull’attenti, patteggiando ora per l’uno ora per l’altro personaggio che sembra essere l’innocente di turno. La trama fitta di eventi e narrata quasi alla perfezione è ispirata alla storia vera di una donna tradita dal marito più giovane di lei e, a conti fatti, è un testo autobiografico che la stessa Christie ha vissuto in maniera intensa. Probabilmente è per questo motivo che l’autrice più che analizzare il carattere psicologico della storia si è focalizzata sulla storia stessa, su una trama che racconta un fatto e ne delinea un giallo che potrebbe apparire semplice all’inizio, ma la cui trama si infittisce man mano.
Lo spettacolo inglese, Testimone d’accusa, per la traduzione di Edoardo Erba, sarà in scena al Teatro Quirino di Roma fino al 29 dicembre. In scena Vanessa Gravina, Giulio Corso, con la partecipazione straordinaria di Geppy Gleijeses e con Mohamed Yaser, Antonio Tallura, Sergio Mancinelli, Bruno Crucitti, Paola Sambo, Michele Demaria, Erika Puddu, Lorenzo Vanità e la regia di Geppy Gleijeses.
La rappresentazione, che dura due ore e dieci minuti senza intervallo, presenta un inizio abbastanza lento, durante il quale si nota sì la bravura degli attori, ma nonostante ciò, si fa fatica a seguire con attenzione la storia, poco aiutati anche da una scenografia scarna. Quest’ultima però, si trasforma e prende un altro aspetto quando dall’ufficio dell’avvocato Sir Wilfrid Robarts (Geppy Gleijeses) diventa una classica aula di tribunale inglese, con scranni, pedane, palco. Qui si svolge la gran parte dello spettacolo, tra dibattiti e interrogatori alla sbarra dei testimoni, accusatori del giovane Leonard Vole (Giulio Corso) c’è anche sua moglie Roamine Heilger (Vanessa Gravina), più grande di lui e sua grande accusatrice.
I personaggi principali della storia sono interpretati da tre attori che si confermano protagonisti del teatro italiano. A partire da Geppy Gleijeses che prende il posto di Giorgio Ferrara per una sua indisposizione, da regista a co-protagonista il passo è davvero breve, esperienza e bravura del teatro italiano, naturalezza e precisione del suo muoversi sul palco. Vanessa Gravina, ormai navigata ed esperta interprete sul palco dei teatri italiani e Giulio Corso, giovane e altrettanto bravo interprete della vicenda.
La scelta di eliminare la pausa tra le due ore di spettacolo può essere definita vincente da una parte, perché evita di inserire una pausa troppo lunga nel racconto e quindi di far perdere concentrazione e connessione con lo spettacolo che di per sé richiede già una concentrazione massima, dall’altra, invece, non permette allo spettatore di rilassare la mente in un racconto così impegnativo. Il tutto va visto con il gusto personale dello spettatore che deve seguire le vicende del processo.
Sta di fatto che il massimo dello spettacolo si raggiunge nell’ultima parte dello stesso, quando gli animi si risvegliano e il contenzioso riesce ad animare gli attori, oltre alla scena. Si vedono scintille che arrivano in platea e sale l’interpretazione di tutti i personaggi. Particolare è anche il personaggio di Janet MacKenzie, governante, interpretata da una pregevole e divertente Paola Sambo.
Particolarità dello spettacolo è quella di avere sul palco, nel ruolo della giuria, sei giurati scelti ogni sera tra il pubblico, che giureranno ed emetteranno il verdetto direttamente dal palco del teatro, restando su questo fino alla fine.